IL CARNEVALE PADANO TRA IDENTITA' E TRADIZIONE

di Piergiorgio Mazzocchi - Tratto da "La Padania" 12 Febbraio 1999

"Dopo le sante feste dè Pasqua e dè Nadàl, vè chele santissime del Carneàl"


Il carnevale di Bagolino (BS)

Da questo proverbio tipicamente "bagòs" possiamo renderci conto di quanto sia importante il Carnevale a Bagolino, paese della Val Sabbia in provincia di Brescia. In diverse zone della Padania questa festa dalle origini oscure e antichissime è ancora molto sentita, soprattutto dove, grazie all’isolamento nel quale sono rimaste alcune comunità, questi riti ancestrali non sono stati snaturati. Il Carnevale infatti era "la Festa" vissuta "nel bene e nel male". Basti pensare a tutte le storie che sono state tramandate, dai balabiot ai regolamenti di conti per vecchi rancori o vendette di famiglia che venivano consumati con la protezione del mascheramento. Grandi le abbuffate di maiale e molti i dolci, dalle decine di nomi e varianti, fritti nel grasso dell’animale sacro ai Celti. Spesso poi il Carnevale è sguaiato, con canzoni spesso licenziose se non volgari ma che in questi giorni sono concesse. Infatti esso dà licenza di dire e di fare: dice un proverbio di Bagolino, Féna ai zenöcc padrù töcc i öcc, de sura chi che g’ha mia pura (fino ai ginocchi padroni tutti gli occhi, di sopra chi non ha paura).

È forse per questo che il potere sia politico sia religioso ha sempre cercato di contrastare o almeno arginare certi fenomeni legati al Carnevale. La Chiesa, in particolare, all’inizio di questo secolo con una grande riforma abolì quanto era ritenuto profano e si preoccupò di cancellare anche gli usi carnevaleschi più pagani e meno vicini allo spirito del Cristianesimo. Ma dal proverbio si nota con quanto accanimento alcune comunità hanno cercato di mantenere le "loro" feste. Anche grazie all’isolamento, i carnevali tradizionali sono sopravvissuti nelle campagne e soprattutto in montagna.

Sarebbe impossibile ricordare tutti i paesi dove tali tradizioni sono ancora in vita: per questo mi limiterò a focalizzare solo quelli che nel tempo hanno mantenuto intatto il loro significato originario. Spesso nei carnevali alpini ci si imbatte in figure che rappresentano la natura, soprattutto alberi, o la forza bruta: da qui proviene forse il significato dei "belli" e dei "brutti" del Carnevale di Schignano in Val d’Intelvi, dove questi personaggi scorrazzano per il paese lanciandosi gesti di scherno o lasciandosi cadere a terra come morti.

Nonostante il clima gioioso, è presente il tema della morte: forse la "danze macabre" del XV e del XVI secolo si rifacevano a questo ? In altre zone, come in Provincia di Trento, si esegue ancora una rappresentazione di morte e resurrezione: alcuni personaggi mascherati risuscitano un compagno morto.

Nella media Val Seriana (Bergamo), fino all’inizio degli anni ’40 si danzava il bal del mort: al suono del baghet (la cornamusa bergamasca) due uomini eseguivano una danza nella quale, in seguito ad una finta rissa, uno dei due mimava l’uccisione del compagno, che stramazzava a terra. Seguiva, al suono lento della piva delle Alpi, una scena di disperazione che commuoveva gli astanti; poi, come per miracolo, al cambio della melodia che si faceva vivace, il morto resuscitava e tutti i presenti coralmente prendevano parte alla danza finale.


Il carnevale di Valtorta (BG)

Il ballo è il momento culminante delle feste di Carnevale. In Val Sesia (Friuli), dove la comunità parla ancora uno slavo antico, si danza per tre giorni nei costumi tradizionali numerosi balli arcaici. Le musiche sono eseguite a violino e bassetto e accompagnate dal battere ritmico e alternato del piede sul pavimento di legno, usato anch’esso come strumento musicale. Parlando di musica e danze, è doveroso citare il Carnevale di Bagolino, che proprio per questo aspetto è diventato da "gioiello bresciano" a "gioiello europeo". Qui già dall’Epifania s’iniziano i preparativi per i costumi e le prove di danza, e ogni lunedì e giovedì in paese compaiono le maschere (mascher). Il lunedì e il martedì grasso si aprono con una messa mattutina per i ballerini, al termine della quale fuori dalla chiesa si apre il primo ballo, l’ariosa, il più importante dei 22 del repertorio.

Lo stesso avviene a Ponte Caffaro, frazione di Bagolino, un tempo confine con l’Austria. Le musiche suonate, dai nomi pittoreschi quali Bussulù e Bas de tac, sono tra i pochi esempi superstiti di impiego di strumenti ad arco nella musica popolare padana: vengono infatti utilizzati i violini (viulì), il bassetto a tre corde (el vidél), chitarra e mandolino. I circa cento ballerini si dispongono su due file ed eseguono compostamente i balli seguendo gli ordini di un "regista" che li comanda in lingua "bagossa". I costumi sono ricchissimi, a partire dal cappello, adorno di centinaia di metri (oltre duecento) di nastri cuciti e piegati a fiocchi, e sul quale numerosi gioielli di famiglia o prestati da amici vengono fissati con un filo di colore diverso per ogni proprietario. Si arriva così spesso al mezzo chilo d’oro. Ci sono poi gli scialli, un tempo di lana e oggi di seta, coloratissimi e con lunghe frange; le fasce ricamate, le spalline dorate e i gradi ricamati che distinguono il ruolo del ballerino, le calze bianche portate sopra altre calze rosse per evidenziare i ricami, fermate sotto il ginocchio dalle sénte, nastri colorati lunghi circa un metro. I ballerini, tutti uomini, portano una maschera nera che copre gli occhi, a mo’ di baùta veneziana. I ballerini sono totalmente disgiunti dai mascher, l’altra "faccia" del Carnevale, poiché ne rappresentano l’aspetto "colto" in contrapposizione a quello più popolare. I mascher sono una coppia di anziani che vagano per le viuzze, le scalinate, le piazze e soprattutto le osterie. Queste coppie sono molte, tutte vestite all’incirca allo stesso modo: il cerviöl (abito nero o marrone con gilet, giacca, calzoni al ginocchio, ghette nere e sgalber, scarponi con suola di legno chiodata) per l’uomo, gonna lunga, grembiule, scialletto e cesta per la donna. Le due figure si muovono spesso barcollanti sfregando le suole chiodate sul selciato, con un rumore infernale, e lanciando gridolini o frasi incomprensibili con voce alterata dall’uso di una maschera allo scopo di non farsi riconoscere. il tutto in un’atmosfera resa surreale dalla neve, dal freddo e dal vino.

Il Carnevale di Bagolino merita di essere visitato e vissuto, ma con un invito: si limiti, chi viene da fuori, a gustarne i momenti. In questo modo non si rischia di inquinarlo o di farlo scadere ad attrazione turistica, privandolo della sua spontaneità così gelosamente custodita da secoli.
 

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