| QUALCHE NOTA IN RELAZIONE AL 
	POPOLAMENTO DELL'ALTA VALLE BREMBANA IN EPOCA PREISTORICA E PROTOSTORICA
 Prof. Adriano Gaspani
 
	 Caspar David 
	Friedrich - Viandante sul mare di 
	nebbia, 1818
 Le
      notizie relativamente al popolamento dell'Alta Val Brembana in epoca  preistorica
      e protostorica sono molto scarse se non del tutto inesistenti;  dal
      punto di vista archeologico, la carenza dal punto di vista documentario  si
      accompagna ad una corrispondente grande scarsità di reperti, ma è poco  plausibile
      l’ipotesi di mancanza assoluta di popolamento in epoca antica, in quanto
      questo contrasta con quanto mostrato degli scarsi reperti archeologici  venuti
      alla luce in alta valle (Piazza Brembana, località Castello) e con la presenza
      di incisioni rupestri, principalmente di tipo non figurativo, che però
      sembrerebbero essere collocabili cronologicamente in epoca protostorica.
 Tra queste sono da annoverare le incisioni rupestri (coppelle e
      cruciformi) rilevabili
      a Mezzoldo, sul muretto posto appena fuori di una casa di civile abitazione
      nella frazione Berer, nella cosiddetta "Curt
      de la Ca Berer"che sono collocabili cronologicamente all'alto
      Medioevo ed interpretabili come simboli di cristianizzazione, tracciati
      contro il recrudescente paganesimo
      diffuso in alta valle. Nella
      stessa area, esistono alcuni massi incisi i cui petroglifi potrebbero risalire
      anche all’età del Ferro ed alcune incisioni presso la chiesa
      parrocchiale. Allo
      stesso modo di rileva in talune aree dell'alta valle, generalmente a quote
      rilevanti, ma non solo, la presenza di strutture megalitiche, inquadrabili
      nel cosiddetto "piccolo
      megalitismo" che, nonostante siano di difficile
      datazione potrebbero, a buona ragione, essere ascrivibili all'età del
      Ferro o alla alla fase finale delle precedente età del Bronzo. Tali
      strutture dopo un adeguata fase di georeferenziazione e di studio, sono risultate
      essere astronomicamente significative in quanto risultano disposte in
      modo da materializzare alcuni allineamenti orientati verso alcuni particolari
      punti dell'orizzonte naturale locale, rappresentato dal profilo delle
      montagne visibili in quei luoghi, in cui era possibile osservare la levata
      o il tramonto del Sole, della Luna o di alcune stelle molto luminose, durante
      il I millennio a.C. Salendo in quota, nella zona degli alpeggi di Azzaredo
      e Cavizzola, sempre nel
      territorio di Mezzoldo, esistono alcune aree in cui può essere rilevata  la
      presenza di monoliti recanti coppelle ed una rilevante quantità di incisioni
      di tipo non figurativo. Ispezionando
      la zona la prima cosa che balza all'occhio è che tutti i monoliti,
      composti da "sass linguent",
      sono tutti caratterizzati da una esposizione verso est o più raramente
      verso ovest e l’analisi archoeastronomica ha rivelato un criterio di
      orientazione astronomicamente significativo.
 Ispezionando
      l’alta valle si rileva anche l'esistenza di molte alte tracce di
      megalitismo alpino che si concretizzano nell'esistenza di monoliti
      disposte da soli oppure concorrenti a formare numerosi muri concentrici a
      secco, che racchiudono
      delle piccole aree dislocate tutte insieme che danno l'impressione di
      insediamenti temporanei fortificato in quota, attivi durante un'epoca
      molto antica, probabilmente
      protostorica.  
	
	
	 Ricostruzione di 
	
	
	Ötzi, la mummia del Similaun, 
	tipico abitante delle Alpi Preistorico
 
	
	
      La domanda che sorge immediata è se la collocazione di tali lastre
      sia naturale
      e l'intervento dell'Uomo si sia limitato all'incisione oppure se esse
      siano state deliberatamente erette nel modo rilevato. Nel
      caso esse fossero state deliberatamente posizionate dall'Uomo allora bisogna
      porsi la domanda del perché questo possa essere avvenuto; a questo proposito
      è stata eseguita un'analisi statistica sia sulle inclinazioni che sulle
      orientazioni. Rimane
      ora da chiedersi il perché della presenza di manifestazioni di arte rupestre
      non figurativa a quote così elevate in alta Valle Brembana. Sulle
      montagne della Val Brembana riaffiorano spesso numerosi segni arcaici dell'antica
      religiosità popolare appartenenti alla cultura dei pastori che sin
      dall'antichità salivano a quote anche molto elevate (oltre 2000 metri) per
      condurre, durante la stagione estiva, i loro greggi al pascolo. Questi
      segni arcaici di carattere religioso sono per lo più coppelle e incisioni
      canaliformi che connettono le coppelle le quali trovano similitudini
      sulle rocce poste soprattutto nella vicina Valtellina per cui si
      potrebbe essere indotti a ritenere che sia esistito un possibile influsso
      Valtellinese sulle alture brembane, senza escludere tuttavia la possibilità
      di una diretta testimonianza portata ad alta quota dai pastori degli
      insediamenti delle valli bergamasche che vi salivano col proprio gregge
      durante l'estate. In
      realtà sia il versante bergamasco che quello valtellinese delle prealpi
      Orobie
      fecero parte, sin dalla più remota antichità di un'unica e identica
      area culturale alpina caratterizzata da credenze, ritualità e consuetudini
      comuni.
 
 Sul
      versane bergamasco esistono tracce di arte rupestre non figurativa, già
      note da tempo, a Mezzoldo, in Valbrembana, presso la già citata "Curt de Cà Berer" dove su
      lastre di micascisto che ricoprono il muretto della medesima
      corte, si trovano incise coppelle con segni cruciformi e incisioni canaliformi
      che potrebbero risalire all'alto Medioevo, ma le coppelle potrebbero
      essere state incise anche in epoche di molto antecedenti. Recentemente,
      nell'area di Mezzoldo, sono state scoperte altre interessanti coppelle
      collegate da canaletti, tracciate su alcuni grossi massi, richiamo importante
      che induce a estendere la ricerca ad altri luoghi brembani che potrebbe
      fornire interessanti risultati positivi, come è già stato messo in
      evidenza in passato da A. Gaspani ai Piani dell'Avaro (1762 mt.) e dintorni
      in cui é anche presente una rilevante traccia di magalitismo alpino,
      in cui appaiono codificate linee astronomicamente significative prevalentemente
      di tipo lunare; ritorneremo più avanti su questo argomento. Di
      questi segni arcaici sinora non sembra che si sia trovata altra spiegazione,
      su cui concordi la maggioranza gli autori, che quella di ravvisare
      in essi le vestigia di un culto e di una ritualità arcaica le cui
      radici risalgono, con grande probabilità, all'età del Ferro e quindi appartenute
      all'area celtica e celto-retica, in epoca antecedente alla romanizzazione
      delle valli bergamasche, di cui però fino ad ora non è stato
      possibile trovare reperti archeologici significativi capaci di fare luce
      su quel periodo in cui le valli bergamasche furono classificate dai Romani
      semplicemente come "Gens
      attributa", a differenza di altre aree definite
      "Gens censita".
 
 La
      possibile e molto spesso evidente, connessione con l'osservazione del cielo
      e dei suoi fenomeni é un aspetto molto importante di questa antica religiosità
      alpina i cui aspetti, almeno alcuni di essi, sono ancora presenti
      nelle usanze e nelle tradizioni della gente della Valle Brembana. Occupiamoci
      ora delle strutture litiche presenti ai Piani dell'Avaro. I
      "barec" sono recinti
      litici formati da muri a secco costruiti mediante l'accumulo
      di pietre grezze di diametro variabile dai 20 ai 90 centimetri. Essi
      furono costruiti generalmente in epoca storica oppure moderna, in alta Valle
      Brembana, in Valtellina ed in Val di Scalve ed ebbero soprattutto in passato
      finalità pratiche consentendo l'alloggio del bestiame, prevalentemente
      bovino. In
      essi venivano raccolti i bovini sia per l'alloggio notturno, sia per in caso
      di temporali. La
      costruzione dei "barec" mediamente risale all'inizio dell'abitudine di portare
      il bestiame in alpeggio. Già
      dal 1300 gli statuti di Averara, in Valle Brembana e di altre località dell'alta
      Valle Seriana e di quella di Scalve, regolavano con precise norme l'attività
      dell'alpeggio quindi possiamo ritenere che mediamente alcuni "barec"
      possano risalire a quel periodo. Il
      termine dialettale bergamasco "barec"
      ha origine decisamente oscura. La
      sua diffusione è tipica dei dialetti dell'alta Val Seriana e della Val di
      Scalve, come puntualizzato nel 1857 dal Tiraboschi nel suo "Dizionario dei
      Dialetti Bergamaschi". Il
      significato é quello di "steccato entro il quale i pecorai ed i mandriani
      raccolgono i greggi e le mandrie". Il
      termine dialettale bergamasco "barecà
      i ache" si riferisce all'operazione
      di rinchiudere le mucche entro il "barec", o quanto meno entro
      uno spazio circoscritto e recintato da un muro di pietre a secco. La
      derivazione del termine potrebbe essere duplice, da un lato sembra essere un
      vocabolo di derivazione squisitamente celtica, tanto è vero che nel dialetto
      parlato nella regione della Champagne, in Francia, il termine "beric"
      significa proprio "ovile". D'altro
      canto il termine latino "bareca",
      presente nel gergo militare, che significa
      "deposito" (soprattutto di generi alimentari) potrebbe essere un'altra
      fonte possibile. Generalmente
      i "barec" sono posti in luoghi elevati, sui prati posti pressoché
      in quota sulle montagne; diventa quindi di interesse considerare il
      celtico "*barro", il gallese "barr",
      l'irlandese "barr" e
      il gallico "Barro"
      che significano "cima", "sommità", "luogo
      elevato" i quali potrebbero
      essere linguisticamente connessi con il bergamasco "barec". In
      Valtellina i "barec" sono tendenzialmente di forma quadrangolare a causa del
      fatto che generalmente i prati dove sono ubicati sono posti lungo pendii in
      forte pendenza. Il
      quadrangolo è in genere orientato con il lato lungo parallelamente alla direzione
      di massima pendenza del pendio. Nel
      Bergamasco i "barec" sono generalmente posti su pendii più dolci quindi
      la forma, da quadrangolare tende a divenire subcircolare. Minore
      é la pendenza del luogo e più è frequente rilevare una forma tendente
      al circolo o all'ovale. Di
      norma i "barec" brembani mostrano, analogamente a quelli valtellinesi, una
      forma grosso modo quadrangolare, con alcune interessanti eccezioni, tra le
      quali quelli posti presso il lago di Valmora e soprattutto il complesso ubicato
      ai Piani dell'Avaro, circa 500 metri a nord del rifugio "Ca
      del Sul",
      a 1760 metri di quota, misurati pressoché nel centro, il quale mostra una
      forma marcatamente subcircolare con una cinquantina di metri di diametro. La
      forma però non è l'unica peculiarità di questo complesso, infatti quasi
      al centro del recinto litico é posto un cumulo di pietre sopra le quali
      è stato posto, non si sa quando, un grosso masso su cui possono essere
      osservate alcune coppelle e sul limite più elevato, nella direzione di
      massima pendenza del pendio lungo cui é posta la struttura, si rileva la presenza
      di un grosso monolito, di circa 2 metri di lunghezza e 2 di altezza,
      anch'esso coppellato, che è stato inglobato nell'anello di pietre che
      costituisce il recinto del "barec". Ai
      piani dell'Avaro é presente, a quota 1690 m, un altro "barec"
      la cui forma è marcatamente quadrangolare e che ingloba nella parte più
      elevata un
      monolito di grandi dimensioni allo stesso modo di quello citato in precedenza. Lo
      stesso avviene anche in almeno altri due "barec"
      situati presso il lago di
      Valmora. La
      presenza del grosso monolito inglobato nel segmento di muro posto più in alto
      non é casuale, ma potrebbe rispondere ad una precisa esigenza degli utilizzatori
      del recinto litico. Il
      pastore poteva stare seduto sopra il grosso masso e in virtù della sua posizione
      elevata poteva dominare con lo sguardo tutta l'area compresa entro il
      recinto e sorvegliare, aiutato dai cani, il bestiame. Questo
      suggerisce che i "barec"
      venissero costruiti nei luoghi in cui era già
      disponibile, per cause del tutto naturali, un grosso masso e successivamente
      sviluppare il recinto ammucchiando le pietre tutt'intorno in
      direzione sud partendo da esso, con rilevante maestria. Le
      dimensioni del recinto dipendevano grosso modo dallo spazio necessario ad
      alloggiare tutto il bestiame. Nel
      caso del "barec" dei Piani dell'Avaro la necessità di disporre di uno spazio
      recintato sufficientemente grande obbligò ad includere nell'area racchiusa
      dal muro anche due monoliti di rilevante interesse i quali, con grande
      probabilità erano già presenti sul posto e potrebbero risalire a tempi
      molto antichi. Il
      primo è posto in posizione di poco decentrata verso nord-est rispetto al centroide
      dell'anello e si compone di un grosso monolito di dimensioni medie pari
      a circa 1.5 metri, appoggiato su un cumulo di grosse pietre che ne garantiscono
      la stabilità Studiando
      la struttura é stato possibile rilevare che il masso fu posto deliberatamente
      in quella posizione e su di esso è possibile rilevare la presenza
      di alcune coppelle di circa 5 centimetri di diametro ciascuna, incise
      sul lato rivolto verso il grosso monolito, posto più a monte, da cui si
      diparte la struttura subcircolare. La
      tipologia delle coppelle mostra analogie con quelle scoperte presso il rifugio
      Alpe Piazza, sul versante orientale della Valle di Albaredo, lungo il
      versante valtellinese delle Orobie e con quelle presenti negli "slabs" di
      monte Azzaredo e dintorni. Il
      secondo masso, di dimensioni più ridotte, é posto in equilibrio su una piattaforma
      litica a sud-ovest rispetto al centroide del recinto, in modo tale
      da suggerire chiaramente che sia stato, anch'esso, artificialmente piazzato
      in quella precisa posizione, ma non solo, esso è posto in modo che una
      venatura di quarzo bianco, che risalta in maniera netta sul serizzo rosso
      che compone questo monolito e tutti gli altri che compongono la struttura,
      sia orientata secondo una linea esattamente verticale. Studiando
      il sito, in loco, é stato possibile avanzare l'ipotesi che il masso
      posto circa al centro del circolo, il grosso masso retrostante, cioè quelli
      su cui si rileva la presenza di coppelle e il masso posto sulla piattaforma,
      siano molto più antichi del resto della struttura, in particolare
      quando furono posti in opera i cumuli di pietre che costituiscono il
      "barec", essi erano già
      in quel luogo da molto tempo. Sembrerebbe
      quasi che per qualche ragione i due monoliti coppellati siano stati
      scoperti in epoca passata e quel luogo sia stato utilizzato per costruirvi
      la struttura anulare atta all'alloggio del bestiame includendovi anche
      il terzo masso. La
      ragione di questo fatto potrebbe essere la necessità di realizzare un recinto
      sufficientemente grande per adattarsi alle esigenze del ricovero del bestiame
      e quindi i monoliti dovettero essere obbligatoriamente inclusi, ma per
      fortuna non furono rimossi. Il
      "barec" in questione sembrerebbe, quindi, a prima vista un
      normalissimo e
      comunissimo recinto per i bovini, in verità un'analisi più approfondita ci
      rivela alcuni fatti molto strani. I
      necessari rilevi furono eseguiti da A. Gaspani negli anni compresi tra il 1998
      e il 2000 e hanno compreso la georeferenziazione del sito ottenuta mediante
      tecniche di rilevamento satellitare GPS e il conseguente rilevamento
      planimetrico eseguito con finalità di studio archeoastronomico. La
      posizione della struttura é tale da sorgere isolata in corrispondenza di una
      balza elevata posta al centro del pendio che dai Piani sale verso il Monte
      Triomen (2244 m) ed orientato in modo tale da essere rivolta a sud, verso
      la direzione di maggior insolazione, con una deviazione verso oriente in
      modo tale da ricevere soprattutto i raggi del Sole mattutino. Quello
      che riveste maggior interesse, però, é la posizione reciproca dei tre
      monoliti già citati, i quali sembrano essere stati posti, l'uno rispetto
      all'altro in maniera molto accurata e astronomicamente significativa. Il
      masso di maggiori dimensioni, la cui posizione geografica é 
	9.5974000 gradi
      di Longitudine Est e 46.0108000
      gradi di Latitudine Nord con un'incertezza
      di 29 cm in entrambe le direzioni, non risulta sia stato mai mosso
      dalla sua attuale posizione che sembra essere la sua naturale ubicazione,
      ma gli altri due, sembrano essere stati posti nella loro attuale sede,
      non si sa quando e nemmeno da chi, in modo da realizzare, con considerevole
      accuratezza, alcuni allineamenti astronomicamente significativi. Prima
      di tutto si rileva che la linea congiungente il monolito più grosso che
      fa parte dell'anello di pietre e quello più piccolo posto all'interno dell'anello,
      sulla piattaforma litica, risulta essere parallela con rilevante
      accuratezza, alla direzione del meridiano astronomico locale, in parole
      povere all'asse di rotazione della Terra. Il
      masso più grosso é posto verso la direzione del Polo Nord Celeste, mentre
      quello di minori dimensioni é allineato verso il punto di culminazione
      degli astri sulla sfera celeste, quindi anche verso quello in cui
      la Luna raggiunge la sua massima altezza rispetto all'orizzonte astronomico
      locale. La
      direzione individuata dalla congiungente il monolito grande con quello posto
      in prossimità del centroide dell'anello litico é diretta con buona approssimazione
      verso il punto in cui poteva essere osservata la levata della
      Luna, all'orizzonte naturale locale ivi rappresentato dal profilo del Monte
      Ortighera (1631 m) quando, ogni 18.61 anni, la sua declinazione raggiungeva
      il valore estremo inferiore pari a 
	D=(-e-i). Lo
      stesso monolito centrale é allineato, con il piccolo masso posto sulla piattaforma
      decentrata rispetto al centroide del recinto litico, verso il corrispondente
      punto di tramonto della Luna, all'orizzonte naturale locale, rappresentato
      in quella direzione dal profilo del Monte Zuccone (1856 m),  allo
      stesso giorno e alla stessa declinazione. A
      questo punto sono necessarie alcune considerazioni. La
      prima riguarda il fatto che non ci é nota alcuna datazione relativamente a
      queste strutture. In
      virtù della loro tipologia gli allineamenti astronomici rilevati non possono
      essere recenti, quindi la disposizione dei monoliti al fine di ottenerli
      deve essere considerata di molto anteriore alla costruzione del recinto
      per alloggiarvi il bestiame. La
      seconda considerazione si riferisce al fatto che la posizione meridionale estrema
      del punto di levata della Luna all'orizzonte astronomico locale cambia
      molto lentamente nel tempo quindi il nostro satellite naturale può essere
      visto sorgere in corrispondenza di posizione molto vicine sull'orizzonte
      naturale locale sia attualmente, sia 3000 anni fa. La
      data più prossima del ripresentarsi del fenomeno sarà il 19 Giugno 2006. Dal
      punto di vista probabilistico la probabilità di ottenere casualmente i 3
      allineamenti rilevati é 1 su 
	43200,
      quindi i due massi che con il grande monolito
      definiscono le tre linee furono deliberatamente posti in opera secondo
      la configurazione rilevata sul terreno anche se non sappiamo perché e
      a cosa potessero servire gli allineamenti lunari rilevati. Va
      anche ricordato che in epoca non recente, i pastori che utilizzavano i "barec"
      non disponevano di orologi e forse solo di qualche rudimentale calendario,
      quindi la scansione del tempo doveva essere per forza di cose eseguita
      utilizzando ciò poteva essere osservato in cielo, anche se il ciclo
      lunare lungo 18.6 anni solari tropici risulta essere troppo lungo per essere
      agevolmente utilizzato a scopo puramente calendariale.
 
 A
      questo punto va anche tenuto presente che sparsi per i prati nei dintorni, tra
      i massi di chiara origine naturale, esistono numerosi massi che sembrano essere
      disposti con rilevante regolarità, in modo tale da suggerire che siano
      stati posti in opera da qualcuno Su
      questi monoliti sono presenti svariate coppelle anche di rilevanti dimensioni;
      in più lungo la strada che conduce alle miniere, esiste presso il
      laghetto, un grosso masso di serizzo rosso su cui é inciso un grande petroglifo
      rappresentante un cerchio crociato (forse una croce celtica?). Il
      petroglifo é molto deteriorato, ma chiaramente visibile ed evidentissimo in
      luce radente. Il
      luogo presenta quindi interessanti spunti per una ricerca archeoastronomica
      che é tutt'ora in corso di svolgimento.
 
 La
      collocazione cronologica dei reperti presenti nei siti descritti in questa
      sede é tendenzialmente collocata all'età del Ferro come anche la  tipologia
      delle linee astronomicamente significative sembra indicare in maniera
      consistente. Questo
      fatto testimonia la presenza di popolazioni antiche, probabilmente di matrice
      celto-retica, stanziate in alta Valle Brembana, sin dalla più remota
      antichità e dotate di sensibilità in relazione all'osservazione del cielo
      e dei suoi fenomeni, ma di cui é rimasta solo una flebile traccia, e che
      hanno affidato alle pietre incise od opportunamente e sapientemente collocate,
      la testimonianza della loro esistenza.
 
 Bibliografia:
 
 A.
      Gaspani, 2000, "Archeoastronomia, Astroarcheologia, Paleoastronomia" AD
      QUINTUM, No.6, Novembre 2000.
 A. Gaspani, G. Dimitriadis, 2000, "Applicazioni delle
      Reti Neuronali
 Artificiali
      e della Fuzzy Logic all'interpretazione dell'Arte Schematica
 Rupestre",
      XVIII Valcamonica International Symposium, 9-14 Novembre, 2000,
      Centro Camuno di Studi Preistorici, Capodiponte, Italia.
 A. Gaspani, 2001, "I Barec del Monte Avaro, semplici
      recinti per pastori?", Terra
      Insubre, No.18, pg.14, Maggio 2001.
 A. Gaspani, 2002, "Il rilevamento e la
      georeferenziazione dei massi coppellati
      mediante tecniche satellitari GPS" Preatti Convegno "Coppelle e  
      
      Dintorni",
      Cavallasca (Como), 28-29 Settembre 2002.
 A. Gaspani, 2002, "Massi coppellati e strutture
      megalitiche in Alta Valle Brembana"
      Preatti Convegno "Coppelle e Dintorni", Cavallasca (Como), 28-29 Settembre
      2002.
 A. Gaspani, 2003, "Il rilevamento e la
      georeferenziazione dei siti di arte rupestre
      mediante tecniche satellitari GPS", Archeologia Africana, 8, 2002,  pag.
      55-61.
 
 |