LE FARE DELLA LONGOBARDIA MAIOR,
NOTARELLE, APPUNTI E CONSIDERAZIONI

di M. Gatto - Tratto da Quaderni Padani N. 18  Anno lV - Luglio-Agosto 1998


Cavaliere Longobardo

Decaduta Aquileia in seguito alle devastazioni compiute dagli Unni di Attila, Forum Iulii, l’odierna Cividale, era stata scelta come caput Venetiae, cioè capitale governativa della regione (1). Nel 569 il popoloesercito dei Longobardi entra nella Venetia: superato il ponte sull’Isonzo, il duca Gisulfo si avvia a presidiare Cividale con il suo distaccamento, non senza aver prima chiesto e ottenuto da re Alboino le migliori Fare da dislocare nel resto del vasto territorio. Così, mentre il corpo principale del popolo si dirigeva verso occidente, a intervalli più o meno regolari da esso si dipartivano spezzoni costituiti ciascuno da uno o più gruppi familiari, ovvero dei contingenti che andavano a insediarsi in località strategicamente rilevanti seguendo un piano evidentemente preordinato per lo meno nella prima fase, cioè dall’Isonzo a Verona, come si può osservare nella cartina ove sono indicati gli stanziamenti per Fara. (tav. 1)



Tavola 1 - Fare della Langobardia Maior.


1) Fara (SLOVENIA)
2) Farra d’Isonzo (GO)
3) Farella (UD)
4) Faris (UD)
5) Farla (UD)
6) Ca’ Fara (UD)
7) Fara (PN)
8) Farra d’Alpago (BL)
9) Farra di Mel (BL)
10) Farénzena (BL)
11) Farra di Feltre (BL)
12) Fara di Cavolano (PN)
13) Fara di Castel Roganzuolo (TV)
14) Farra di Soligo (TV)
15) Farra di Valdobiàdene (TV)
16) Farra di Paderno del Grappa (TV)
17) Farronati (VI)
18) Fara Vicentino (VI)
19) Fara di Montebello Vicentino (VI)
20) Fara Olivana (BG)
21) Monte della Fara e via della Fara (BG)
22) Fara (SO)
23) Fara di Gera d’Adda (BG)
24) Faramània (MI)
25) Fallavecchia (MI)
26) Via Fara in Gallarate (VA)
27) Faraona (VA)
28) Fara Novarese (NO)
29) Fariola (VC)
30) Farettaz (AO)
31) Farigliano (CN)
32) Fara (AL)
33) Faravella, Falavella, Falaveta (AL)
34) Fara (MO)
35) Farazzano (FO)

Il nome Fara deriva dalla consuetudine a periodiche migrazioni cui erano abituati i Germani a causa sia della povertà dei suoli delle lande del Nord Europa da dove provenivano e sia per i continui attriti tra le singole tribù in fase di continua espansione (
2). Questo modo di vivere nomade, caratterizzato da continui spostamenti dei gruppi familiari, era talmente radicato che il termine fara è tuttora vivo nelle lingue germaniche moderne: si veda l’inglese “fare”=andare e il tedesco “fahren”=viaggiare. Possono offrire un’idea di cosa si intendeva per Fara con alcune attestazioni coeve all’età longobarda: “Alboenus rex Langobardorum cum omni exercitu...cum mulieribus velomni populo suo in fara Italiam occupavit”(3)“Si quis liber homo, potestatemhabeat intra dominium,regni nostri cum fara sua megrare ubi voluerit, sic tamen si ei a rege data fuerit licentia,...”Rothari n. 177, Edittodi Rotari, anno 643. “Se un uomo è libero, abbia facoltà di emigrare con la sua fara dove vuole all’interno del dominio del nostro regno, purché gli venga concesso il permesso dal re;...”(4) “...Langobardorum faras, hoc est generationes vel lineas,...” Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, II, 9.“...le fare dei Longobardi cioè i gruppi o discendenze familiari...”(5)



Tavola 2 - Attestazioni dal termine giuridico Arimanno (=uomo dell’esercito,e in seguito “libero” del popolo dei Longobardi).


Per quel che riguarda la questione degli arimanni si consiglia senz’altro di leggere G. Tabacco 1969 (
8).


1) Romans d’Isonzo (GO)  

2) Romans di Varmo (UD)  
3) Romagno (BL)  
4) Romano d’Ezzelino (VI)  
5) Romagnano (VR)  
6) Romanore (MN)  
7) Romanoro (MO)  
8) Romano di Lombardia (BG)  
9) Romanengo (CR)  
10) Romagnano Sesia (NO)  
11) Romano Canavese (TO)  
12) Villaromagnano (AL)  

13) Romagnese (PV)

Dislocamento delle fare in Langobardia Maior

Una volta compiuta la ricerca dei toponimi Fara e derivati esistenti nel territorio (sono state considerate pure le attestazioni meramente documentarie), si è provveduto a segnalarle su cartine geografiche tramite simboli e numeri.(6) Questo lavoro di localizzazione ha posto in evidenza una panoramica generale degli insediamenti e si è così potuto osservare che due sono le aree di principale concentrazione delle Fare. La prima concentrazione, che comprende il maggior numero di Fare, si trova disposta lungo la fascia pedemontana e prealpina compresa tra le regioni Friuli e Veneto. L’altra concentrazione è posta intorno alla città di Milano, soprattutto in una zona NordOvest della città ove le Fare appaiono disposte su ben tre file parallele. Altre Fare sono poste al di fuori di questi due poli di aggregazione e si trovano ubicate in prossimità di importanti valichi di frontiera nel cuore delle Alpi: Farénzena (BL), Fara (SO), Farettaz (AO). Farra d’Isonzo ha ragion d’essere data la vicinanza con il ponte sull’Isonzo, principale porta d’entrata orientale del paese. La complessiva dislocazione delle Fare nella Venetia, disposte in due file parallele e a distanza più o meno regolare l’una dall’altra e la scelta degli insediamenti in luoghi per lo più pianeggianti o tutt’al più posti sulla sommità di non elevati rilievi collinari dimostra sia una certa pianificazione dell’occupazione sia l’assenza di urgenti esigenze difensive. In ogni caso la Fara risulta immersa nel territorio dove svolge una funzione di presidio, posizionata, come la troviamo sempre, a poca distanza da centri abitati, guadi, valichi e strade di notevole importanza. A queste considerazioni bisogna aggiungerne altre di ordine strategico, come l’aggiramento da parte dell’esercito longobardo diretto verso Verona di Oderzo da Nord senza cercare di occupare la città; così come non cercarono di conquistare gli altri avamposti bizantini come Padova, Monselice e Mantova. Di conseguenza non si potrà non pensare che tra Longobardi e Bizantini vi sia stato in realtà un qualche preventivo accordo in funzione antifranca e riguardante l’insediamento dei primi nella Venetia, almeno fino a Verona. Ma del resto, la particolare dislocazione delle Fare nel territorio potrebbe avere altre ragioni d’essere, come ad esempio:

a) La doppia fila di Fare poste lungo la Pedemontana friulana, trevigiana e vicentina si può anche spiegare con l’esigenza di agevolare la mobilità dell’esercito insediando subito quella parte di popolo e di mezzi che ne rallentavano la marcia.  

b) Altra esigenza non secondaria potrebbe essere stata quella di voler salvaguardare le famiglie tenendole lontane dai pericoli della guerra, a questo proposito C. A. Mastrelli scrive “...le Fare erano insediate in zone sufficientemente sicure e salde, arretrate rispetto alla effettiva zona di operazioni militari...” (
7)  

c) Se l’accordo con i Bizantini prevedeva l’occupazione della sola Venetia, le Fare erano utilizzate sia come punti di riferimento e supporto logistico tra Cividale, primo ducato e Verona, capitale del regno, sia per intercettare eventuali incursioni di Alemanni e Franchi provenienti da Nord. (
8)  

d) Eclatante è la mancanza di Fare nelle province di Verona, Brescia e Trento, ma questa mancanza può avvalorare le tesi esposte nei punti a) e b), difatti in quelle tre province i Longobardi sono presenti in forze.




Tavola 3 - Attestazioni della radice bard


1) Bardies (BL)  
2) Bardolino (VR)  
3) Bardelle (MN)  
4) Bardalone (PT)  
5) Bardine San Terenzio (MS)  
6) Bardone (PR)  
7) Bardi (PV)  
8) Bardello (VA)  
9) Bard (AO)  

10) Bardoney (AO)  
11) Bardonetto (TO)  

12) Bardassano (TO)  
13) Bardonecchia (TO)  
14) Bardineto (SV)  
15) Bardino Nuovo/Vecchio (SV)  

Considerazioni finali

Studi approfonditi sulle Fare non sono mai stati fatti, così come non sono mai state compiute indagini archeologiche nei siti occupati dalle Fare stesse; è interessante a questo proposito una affermazione dell’archeologo G. P. Brogiolo “..., è evidente che nel medio termine sarà necessario avviare, anche a Nord degli Appennini, progetti di ricerca sul popolamento alto medievale, se non vogliamo far coincidere con la fine delle ville anche quella dell’archeologia medievale”(9). 

Quindi si possono fare considerazioni e riflessioni con i pochi dati storico toponomastici attualmente disponibili. Molte domande rimangono tuttora senza soddisfacenti risposte: Da quanti individui era composta una Fara? Si trattava di un insediamento fortificato? Come era organizzata dal punto di vista abitativo? Aveva compiti amministrativi e giurisdizionali per un dato territorio circostante? Si rivolge infine un invito a tutti gli studiosi e appassionati della nostra storia ad approfondire le ricerche nel territorio perché altri dati interessanti potranno sicuramente emergere dallo studio puntuale della toponomastica e dalla ricerca storica in ambito locale.

 

Note:
(1) L. Bosio, “Direttrici di traffico e centri di interesse logistico della “Venetia” dall’età romana all’epoca longobarda”, in La Venetia dall’Antichità all’Altomedioevo (Roma, 1988)

(2) G. P. Bognetti, “L’influsso delle istituzioni militari romane sulle istituzioni longobarde del secolo VI e la natura della fara”, in L’età longobarda, III (Milano) 1966.  

(3) Mario d’Avenches, ad a. 569, Monumenta Germaniae Historica,Chronica minora, II, p. 238

(4)
C. Azzara, Le leggi dei Longobardi (Milano, 1992) pag. 51
 

(5) L. Capo, “Commento a Paolo Diacono”, Storia dei Longobardi, Milano, 1992.  

(6)  
Il toponimo Fara è indicativo di una prima e sicuramente importante forma di insediamento dei Longobardi, ma sappiamo che non è l’unica, come dimostra, ad esempio, la diffusione dei toponimi derivati da Hariman e da Bard, evidenziate nelle due cartine qui allegate (tavv. 2 e 3). Ma anche queste sono indicazioni parziali e non bastano per offrire un’idea realistica della distribuzione dei Longobardi nel territorio. Bisogna tener presente, in effetti,un dato piuttosto significativo: le maggiori necropoli longobarde in Padania non sono segnalate da toponimi di origine longobarda nella quasi totalità dei casi (fa eccezione la necropoli di Roman’s d’Isonzo). E, tanto per citare le più importanti, basti pensare alla necropoli di Castel Trosino (Ascoli Piceno) con più di 200 tombe, Nocera Umbra (Perugia) con circa 170 tombe, Testona (Torino) con circa 350 tombe, Sovizzo (Vicenza) con circa 450 tombe, per finire con quella, andata distrutta, di Calvisano (Brescia) con circa 500 tombe. Ma lo stesso discorso vale per gli insediamenti nelle città. Paolo Diacono, nella sua Storia dei Longobardi, ci informa che ogni Duca aveva la sua città e che i Duchi erano almeno 35, ciò significa che in quasi tutte le maggiori città della Langobardia c’era un insediamento più o meno consistente di Longobardi dato dal Duca e dalla sua gente. Forse l’insieme di tutte queste considerazioni può fornire un’idea della reale consistenza dell’insediamento longobardo in Padania.  

(7) C. A. Mastrelli, “L’elemento germanico nella toponomastica toscana dell’Alto Medioevo”, in Atti del V Congresso Internazionaledi Studi sull’Alto Medioevo (Lucca, 37 ottobre 1971), (Spoleto, 1973) pagg. 669 670

(8) G. Tabacco, “Dai possessori dell’età carolingia agli esercitali dell’età longobarda”, in Studi Medievali, s. III, 10/1, 1969.  

(9) 
G. P. Brogiolo, “La fine delle ville romane: trasformazioni nelle campagne tra tarda antichità e alto medioevo”, 1° Convegno archeologico del Garda (Mantova, 1996) pag. 110.
 

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