IL CALENDARIO DI COLIGNY
LA MISURA DEL TEMPO PRESSO I CELTI

Prof. Adriano Gaspani


Il Calendario di Coligny

E innanzitutto il sesto giorno
della Luna, che segna per questi gli
inizi dei mesi, degli anni e dei secoli
che durano 30 anni,giorno scelto perché
la Luna ha già tutte le sue forze senza
essere a metà del suo corso.
       

(PLINIO, XVI, Naturalis Historia) 


Perciò non calcolano il tempo
contando i giorni, ma le notti:
le date natalizie, i principi dei
mesi e degli anni sono contati
facendo incominciare la giornata
 con la notte. 
    
(CAIO GIULIO CESARE,  De Bello Gallico, VI, 18)

Introduzione

A Coligny, nella regione dell'Ain (sud della Francia), antica terra dei Galli Ambarri, furono ritrovati in un pozzo, nel novembre del 1897, i frammenti di una tavola di bronzo, le cui incisioni riproducevano la sequenza dei giorni di un calendario. Assieme alla tavola fu ritrovata anche una statua di Marte, alta un metro e settantaquattro centimetri. Attualmente i reperti sono conservati al Museo della Civiltà Gallo-Romana di Lione-Fourviere. Un piccolo frammento (oggi perduto) con incisioni simili a quelli trovati a Coligny era stato rinvenuto nel 1807 nei pressi del Lago d'Antre nei pressi di Villards d'Herià nel Jura francese. Approssimativamente nello stesso luogo (Ruisseau d'Heria) furono trovati nel 1967 da Lucien Lerat, altri otto frammenti che con buona probabilità appartennero alla stessa tavola del calendario di Villards d'Herià.Vari studiosi si occuparono della ricostruzione e della decodifica del calendario di Coligny, tra questi vanno citati l'irlandese Mc Neill e il francese Daviet per quanto riguarda le prime interpretazioni. I primi a completare il restauro del calendario furono però A. Duval e G. Pineault nel 1960, i quali ricostruendo i frammenti mancanti riuscirono a restituire fedelmente la struttura originaria. In questo modo é stato possibile avere a disposizione la completa sequenza dei giorni e dei mesi Lunari nel corso dei cinque anni che vi sono rappresentati. Ovviamente esiste un certo margine di incertezza per quanto riguarda la  ricostruzione delle iscrizioni presenti sui frammenti mancanti. Infatti Duval e Pineault assunsero a priori il mantenimento della ciclicità delle iscrizioni in lingua gallica lungo ciascuno dei cinque anni che compongono il lustro rappresentato sulla tavola di bronzo. Dopo numerosi studi, taluni dei quali ancora in atto, il calendario viene fatto risalire al II secolo d.C., in piena epoca gallo-romana, ma gli studiosi sono concordi anche nel ritenere che esso sia stato inciso prevalentemente per scopi liturgici pagani e quindi possa riprodurre fedelmente il calendario tradizionale celtico correntemente in uso alcuni secoli prima. La ricostruzione del calendario é ancora insoddisfacente dal punto di vista strettamente archeologico in quanto la maggior parte delle iscrizioni in lingua gallica e caratteri latini non sono ancora state tradotte e comprese in maniera soddisfacente. Lo stesso accade per quanto riguarda la comprensione dei meccanismi e delle regole adottate sia per quanto riguarda la sua progettazione sia per quanto riguarda il suo funzionamento e l'uso che ne veniva fatto dai druidi gallici. Il lavoro di interpretazione é stato intrapreso da vari studiosi e attualmente portato avanti da Monard, Olmsted, Cernuti, Gaspani, Parisot, Mc Cluskey, Verdet e altri in varie parti dell'Europa e dell'America.

La struttura

Il calendario di Coligny contiene la rappresentazione di una sequenza di cinque anni Lunari completi, ciascuno di 12 mesi alternativamente lunghi 29 o 30 giorni, più 2 mesi supplementari, ritenuti essere mesi intercalari introdotti per rendere lunisolare il calendario. La sequenza dei mesi rappresentati é la seguente:

Samonios (30), Dumannios (29), Riuros (30), Anagantios (29), Ogronios (30), Cutios (30),

Giamonios (29), Simivisonios (30), Equos (30),Elenbiuos (29), Edrinios (30), Cantlos (29).

Il numero tra parentesi si riferisce al numero di giorni che compongono ciascun mese.

Ciascuno dei 12 mesi elencati iniziava la notte in corrispondenza della quale la Luna assumeva la fase di primo quarto. Essi erano divisi in due parti di 15 più 15, oppure 15 più 14 giorni ciascuno in modo tale che se la prima quindicina era vincolata dalla fase di primo quarto, l'inizio della seconda doveva coincidere con la Luna alla fase di ultimo quarto. I mesi le cui quindicine erano complete (30 giorni) sono classificati come MAT cioè fortunati (in lingua gallica), mentre quelli con 29 giorni sono etichettati con il termine gallico ANMAT che significa infausto. La prima quindicina, durante la quale la Luna raggiungeva il plenilunio, era ritenuta un periodo di luce, mentre la seconda quindicina centrata sul novilunio era ritenuta un periodo di buio. Il Calendario di Coligny é suddiviso quindi in cinque anni Lunari composti da 5 sequenze dei 12 mesi sinodici più due mesi supplementari di 30 giorni ciascuno per un totale di 62 mesi Lunari.

Si presume che i due mesi addizionali servissero per conciliare il tempo misurato basandosi esclusivamente sulla successione delle fasi della Luna con quello misurato tenendo conto del moto apparente del Sole sulla sfera celeste durante l'anno.

I criteri di analisi

L'analisi di questo importante reperto ha seguito due direzioni indipendenti. La prima ha riguardato la funzione e l'uso del calendario la seconda invece ci ha condotto a cercare di comprendere quali fossero le conoscenze astronomiche e matematiche effettivamente diffuse nel mondo celtico. Queste due vie si intersecano spesso in quanto lo sviluppo di un calendario efficiente richiede una notevole conoscenza dei cicli del Sole e della Luna che solo un'accurata e continuata osservazione astronomica unita ad una notevole abilità nel calcolo matematico permettono di raggiungere.

La struttura del calendario solleva ancora alcuni interrogativi a cui é necessario rispondere.

1) Perché i Celti adottarono un anno Lunare suddiviso in 7 mesi da 30 giorni più 5 da 29 e non la soluzione bilanciata di 6 mesi da 29 e 6 da 30?

2) Quale fu la ragione che suggerì la scelta di un ciclo quinquennale?

3) Da dove derivò la necessità di introdurre due mesi addizionali da 30 giorni ciascuno rappresentati sulla tavola uno ogni 2 anni e sei mesi sinodici Lunari?

4) L'accuratezza raggiunta era adeguata per gli scopi agricoli, sociali e rituali tipici della società gallica del tempo?

La ripartizione dei mesi

La decisione di utilizzare una sequenza di 7 mesi da 30 giorni e 5 da 29 giorni per ogni anno, dovette probabilmente rientrare in una logica ben precisa. Un'ipotesi possibile potrebbe essere legata al tentativo che i druidi fecero per ottimizzare il valore della lunghezza del mese sinodico Lunare a loro noto. Mediante i metodi propri della Meccanica Celeste é possibile calcolare che il mese sinodico Lunare durante l'età del Ferro contava in media 29.530585 giorni solari medi, quindi più di 29 ma meno di 30 giorni. Volendo ottenere questo valore si possono combinare linearmente un certo numero di mesi da 29 e da 30 giorni in maniera opportuna in modo da ottenere in capo ad un anno una stima abbastanza accurata della lunghezza  media di un mese sinodico Lunare e quindi raggiungere durante tutto l'anno una buona previsione dei giorni in cui il primo quarto di Luna si sarebbe dovuto verificare e in quelle notti far iniziare i mesi. Un metodo di previsione basato su una struttura calendariale era utile in quanto diveniva possibile determinare la data di inizio mese anche durante la stagione in cui il cielo rimaneva generalmente coperto e l'osservazione diretta della Luna era preclusa. Se si studiano le varie combinazioni di 29 e 30 giorni si rileva che una buona approssimazione, per difetto, del mese Lunare si ottiene combinando 6 mesi da 30 giorni con 6 mesi da 29, realizzando un mese Lunare sinodico medio pari a 29.5 giorni e quindi un anno Lunare lungo 354 giorni, che é molto vicino al valore vero di 354.37 giorni. La scelta che i Celti adottarono e codificarono sul calendario portava invece ad un anno Lunare più lungo di un giorno, cioè 355 essendo costituita da 5 mesi da 29 giorni più 7 da 30 giorni ciascuno. La lunghezza media del mese sinodico codificato mediante questa  combinazione é 29.583 giorni. Viene spontaneo chiedersi perché i Celti preferirono questa scelta. I motivi potrebbero essere o di carattere religioso, quindi legati a ragioni rituali riguardo la combinazione dei numeri e quindi un possibile significato magico di essi, oppure potrebbe avere una spiegazione meno rituale e più razionale. Dalle loro misurazioni i druidi si erano accorti che la lunghezza del mese sinodico Lunare sembrava fluttuare nel tempo intorno ad un valore medio, questo fatto lo rileviamo sperimentalmente soprattutto dalla distribuzione delle iscrizioni in gallico che generalmente accompagnano i giorni VII, VIII e VIIII delle due quindicine di ogni mese, nei quali la Luna si trovava alle sizigie. La lunghezza effettiva della Lunazione variava durante gli anni che vanno dal 500 a.C. al 400 a.C. tra 29.268 e 29.838 giorni solari con un periodo di 3307 giorni (circa 9 anni tropici) per effetto della variazione periodica dell'eccentricità dell'orbita della Luna che oscilla tra 0.045 e 0.065 sovrapposto ad un periodo breve di 413 giorni (1.13 anni) che é esattamente 1/8 del periodo lungo. Inoltre essendo il mese sinodico medio più lungo di circa due giorni rispetto al mese siderale, la Luna compie più di una rivoluzione siderale nel corso di una Lunazione. In aggiunta l'orbita della Luna é ellittica, così che la sua velocità orbitale é minima all'apogeo e massima al perigeo. Quando la Luna, in congiunzione con il Sole, é prossima al perigeo, la lunghezza dei mese sinodico é più breve rispetto al valore medio in quanto la sua velocità orbitale é maggiore e il segmento di orbita in  più percorso a causa del contemporaneo spostamento orbitale della Terra  verrà percorso più in fretta, mentre quando la congiunzione eliaca si verifica in prossimità dell'apogeo avremo la situazione opposta cioè il mese sinodico sarà più lungo in quanto la Luna percorrerà più lentamente il segmento supplementare di orbita. Ne deriva quindi un'oscillazione del valore della lunghezza del mese sinodico, Lunazione dopo Lunazione, che poteva essere notato mediante osservazioni astronomiche accurate distribuite su un lungo lasso di tempo. Il periodo breve con cui il mese sinodico varia é pari a 14 Lunazioni. Questo valore eccede di due Lunazioni la lunghezza dell'anno sinodico Lunare, quindi da un anno all'altro l'andamento della variazione della lunghezza della Lunazione varia in maniera consistente. In più esiste anche la periodicità otto volte più lunga dovuta alla variazione di eccentricità dell'orbita della Luna. Studiando l'andamento della lunghezza della Lunazione misurata dal primo quarto al primo quarto successivo (cioè da un mese al successivo nel calendario gallico) su un intervallo di 800-1000 anni si osserva una distribuzione bimodale con due picchi, il primo a 29 giorni e 8 ore e il secondo a 29 giorni e 17 ore che corrispondono a 29.333 e 29.729 giorni rispettivamente, mentre il valore medio pari a 23.53 giorni appare essere di norma il meno frequente. Se invece si studia l'andamento del mese sinodico misurato dal plenilunio al successivo oppure dal novilunio al successivo (che corrisponde ad usare le "triplette" nel calendario gallico) allora rileviamo nuovamente una distribuzione bimodale, ma questa volta i picchi cadono a 29.438 e 29.625. Cumulando le distribuzioni si ottiene di nuovo una distribuzione bimodale i cui picchi ora sono a 29.42 e 29.60 giorni. La conclusione é che il mese sinodico Lunare tendeva ad assumere questi due valori con probabilità quasi doppia rispetto al valore di 23.53 giorni. Questi valori sono quelli che si desumono dalle osservazioni, mentre il valore medio pari a 29.53 proviene dal calcolo mediante la moderna Meccanica Celeste, quindi possiamo ragionevolmente ritenere che i druidi potessero avere osservato tendenzialmente i due valori più probabili e non il valore medio. Le combinazioni di mesi da 29 e 30 giorni utili a realizzare i due valori osservati sono (7´29+5´30)/12 ottenendo 29.42 e (7´30+5´29)/12 ottenendo 29.58 che é vicino al secondo valore di picco osservato. Quest'ultimo valore conduce in capo a 12 Lunazioni ad assegnare 355 giorni alla lunghezza dell'anno Lunare invece che 354. Il valore 355 é proprio la durata dei tre anni ordinari indicati nel calendario di Coligny e anche dei due rimanenti avendo l'accortezza di trascurare il mese intercalare che li porta a 385 giorni ciascuno. La combinazione bilanciata di 6 mesi da 29 più 6 mesi da 30 giorni porta ad ottenere un valore poco probabile rispetto alle osservazioni. Il riconoscimento del carattere periodico di questa oscillazione era molto probabilmente al di là dell'accuratezza raggiungibile dai druidi con le osservazioni visuali condotte durante l'età del Ferro, quindi la  variazione periodica poteva apparire solamente come un errore che accompagnava ogni valutazione sperimentale della lunghezza della Lunazione. Esiste però una coincidenza che lascia a dir poco perplessi. Infatti il novilunio in prossimità del perigeo Lunare avviene usualmente tra il 5 Maggio e il 28 Giugno di ogni anno quindi in quel periodo avvengono le Lunazioni più corte.  Il novilunio in prossimità dell'apogeo dell'orbita Lunare avviene nel periodo che va dal 6 Novembre al 24 Gennaio dell'anno successivo, periodo nel quale le Lunazioni sono più lunghe. I periodi citati comprendono le date delle due più importanti feste che i Celti celebravano durante l'anno. Infatti TRINVXTION SAMONI, principio della stagione invernale, avveniva in vicinanza della levata eliaca di Antares, quindi in Novembre e BELTANE, principio della stagione estiva si celebrava in concomitanza con la levata eliaca di Aldebaran, quindi tra Maggio e Giugno. Non é chiaro se si tratti o meno solamente di una coincidenza oppure se questo fatto possa contenere qualche ulteriore prova della conoscenza dell'oscillazione periodica della lunghezza della Lunazione da parte dei druidi Ambarri. L'anno Lunare contiene un numero intero di Lunazioni, cioè 12, però le periodicità fondamentali con cui varia la lunghezza del mese sinodico sono 14 e 112 Lunazioni quindi anche la sua lunghezza va soggetta a piccole, ma consistenti irregolarità intorno al valore medio di 354.37 giorni solari medi. Per conciliare queste oscillazioni i druidi potevano adottare solamente due modi. Il primo prevedeva di approssimare il valore 354.37 per eccesso all'intero più vicino, cioè 355 giorni realizzando un anno formato da 7 mesi da 30 giorni e 5 da 29 giorni ciascuno, come effettivamente troviamo rappresentato sul calendario di Coligny. Ricordiamo che i Celti erano costretti ad operare con i numeri interi dato che non erano in grado di lavorare con i numeri decimali, almeno come li intendiamo oggi. Quindi i druidi pur rilevando che le lunghezze dei tempi erano rappresentabili per mezzo di numeri interi più frazioni con numeratore e denominatore formati da numeri interi, si trovarono costretti ad approssimare le varie quantità al numero intero più vicino al fine di  gestire meglio i calcoli. Il secondo metodo richiedeva invece di alternare anni Lunari da 354 giorni con anni da 355 giorni all'interno di un periodo di 30 anni Lunari in modo da recuperare gli scarti. Il calendario di Coligny testimonia che probabilmente entrambe le soluzioni furono adottate contemporaneamente entro lo stesso schema di calcolo.

I due mesi intercalari

Dobbiamo ora chiederci perché la tavola di Coligny riporta due mesi addizionali da 30 giorni ciascuno, che vari studiosi hanno interpretato come intercalari, elencati ogni 2 anni Lunari e mezzo portando quindi a 385 giorni la lunghezza complessiva del primo e del terzo anno rappresentati sulla tavola di bronzo. La loro sola presenza ci spinge a ritenere che nonostante la sua matrice marcatamente Lunare, il calendario di Coligny avesse molto a che vedere anche con il Sole. Con molta probabilità i druidi furono costretti ad introdurre sulla tavola  bronzea questi due mesi con lo scopo di intercalarli, seguendo qualche criterio, nel corso dei 5 anni Lunari per raggiungere un accordo ragionevole tra la marcia del Sole e quella della Luna. Questa necessità emerse in quanto solo un calendario puramente rituale e quindi svincolato da applicazioni pratiche, poteva essere esclusivamente Lunare. Probabilmente il calendario gallico rappresentò non solo uno strumento liturgico, ma anche un dispositivo utile in qualche modo alla pianificazione agricola, che come é noto va soggetta ai cicli stagionali in accordo con il Sole, più che con la Luna. Il legame anche solare del Calendario di Coligny potrebbe derivare dal fatto che le date delle quattro feste principali che i Celti celebravano durante il corso dell'anno erano legate ai cicli stagionali avendo rilevanza anche dal punto di vista agricolo.

Le feste

Le quattro feste fondamentali celebrate dai Celti erano: Trinvxtion Samoni, Imbolc, Beltane, Lughnasad ed erano poste a distanza di circa quattro mesi l'una dall'altra pressapoco a metà strada tra i solstizi e gli equinozi. In nessun caso queste feste ebbero carattere equinoziale o solstiziale quindi la loro cadenza non fu assolutamente vincolata da particolari posizioni esclusive del Sole sull'Eclittica. Nondimeno il Sole rivestì il ruolo importante nel calcolo delle date delle  feste. Gaspani e Cernuti (1993) hanno proposto che le date delle feste venissero calcolate dai druidi sulla base delle levate eliache di quattro stelle luminose e che il vincolo Lunare fosse obbligatorio solamente nel caso della festa più importante, quella di Trinvtionx Samoni che si celebrava in autunno e che segnava anche l'inizio dell'anno celtico. Osserviamo quindi che nel caso di Imbolc, Beltane e Lughnasad dovevano essere verificati alcuni vincoli astronomici solari e stellari e nel caso di Trinvxtion Samoni anche la Luna doveva giocare la sua parte in quanto la festa in oggetto era molto prossima all'inizio dell'anno. Sul calendario di Coligny la festa di Trinvxtion Samoni é l'unica espressamente indicata nelle annotazioni per tutti e cinque gli anni rappresentati. L'annotazione corrispondente é TRINUX(tion) SAMONI SINDIV(os) che é traducibile dalla lingua Gallica antica come "le tre notti di Samonios cominciano adesso" e compare in corrispondenza del secondo giorno della seconda quindicina del mese di Samonios di ciascun anno del calendario celtico.

L'anno solare

Il valore della lunghezza dell'anno solare tropico codificato nel calendario di Coligny é stato matematicamente determinato in 367 giorni, corrispondente ad un valore del mese solare medio lungo 30.583 giorni solari medi. L'anno di 367 giorni mostra un errore troppo elevato rispetto al valore vero della lunghezza dell'anno tropico, pari a 365.2422 giorni, per essere considerato come il valore correntemente noto ai Celti, anche perché un valore prossimo a 365.25 giorni era già noto da tempo presso quasi tutte le culture del Mediterraneo con cui i Celti ebbero contatti fin dall'antichità. La spiegazione di questo valore anomalo é probabilmente da ricercarsi nel fatto che la formulazione ottimale del calendario prevedrebbe l'inserzione di due mesi intercalari molto più corti, cioè uno di 26 giorni e uno di soli 25 per ottenere un accordo globalmente soddisfacente tra il Sole e la Luna, ma come sarà messo in evidenza più avanti i vincoli sulla fase Lunare obbligarono i druidi a lavorare contando solamente Lunazioni complete. Anche in questo modo sarebbe stato più conveniente utilizzare due mesi intercalari da 29 giorni, oppure uno da 29 e uno da 30 giorni i quali avrebbero raggiunto globalmente un'approssimazione migliore. A questo punto i casi sono due e cioè questa cattiva gestione potrebbe essere imputata alla scarsa bravura del progettista del calendario, oppure la scelta di introdurre dei mesi intercalari così strutturati non fu un errore, ma la deliberata risposta ad una esigenza che tenteremo di conoscere. L'ipotesi che la progettazione del calendario sia stata eseguita su basi erronee é molto difficile da accettare in quanto il calendario di Coligny é il prodotto di tutto un lavoro di studio dei moti del Sole e della Luna e di analisi delle loro periodicità, portato avanti per secoli da persone, i druidi, che erano rinomate per possedere una notevole conoscenza della natura e dei suoi fenomeni, quindi é molto difficile credere alla possibilità di una scorretta valutazione della lunghezza dell'anno tropico. Infatti se dobbiamo credere alle citazioni degli autori classici, possiamo leggere nella "Refutatio Omnium Haeresium" scritta da Ippolito: << I druidi dei Celti hanno studiato assiduamente la filosofia pitagorica... E i Celti ripongono fiducia nei loro druidi come veggenti e come profeti poiché costoro possono predire certi avvenimenti grazie al calcolo e alla aritmetica dei Pitagorici. >>

Rimane quindi solamente l'ipotesi che per qualche ragione fu conveniente operare nel modo rappresentato sul calendario. Da questa prima analisi incomincia ad apparire chiaramente che non é possibile credere che il calendario gallico fosse strutturato in modo rigido, ma dobbiamo ipotizzare che probabilmente esso doveva seguire alcuni criteri dinamici, tali per cui l'accordo tra il calendario solare e quello Lunare potesse essere interattivamente controllato ad intervalli periodici in modo da minimizzare, almeno entro certi limiti, le discrepanze tra la marcia del Sole e quella della Luna. L'analisi della struttura del calendario di Coligny suggerisce che esso fu il prodotto del lavoro portato avanti da un gruppo di persone le quali dovevano possedere le conoscenze astronomiche e matematiche necessarie al suo sviluppo. La struttura del calendario quindi risulta essere matematicamente ben delineata e rimane agli studiosi il problema di metterla in evidenza. Innanzitutto il calendario, per sua natura, é uno strumento lineare di previsione di taluni fenomeni periodici basato sulla codifica di un efficiente sistema di calcolo analogico. In parole più semplici, la previsione é possibile in quanto esistono una o più periodicità note e codificate in un determinato algoritmo. Cercheremo ora di analizzare le periodicità rappresentate nel calendario di Coligny dal punto di vista strettamente matematico in quanto solamente in questo modo é possibile cercare di ricostruire il pensiero dei druidi celti alle prese con il problema della misura del tempo.

Le periodicità fondamentali del calendario di Coligny

I Celti come altre popolazioni si trovarono alle prese con l'osservazione dei fenomeni ciclici e con la tendenza naturale di impossessarsi di queste scadenze per strutturare la loro vita in sinergia con la natura. I Celti dovevano dare un senso a ciò che ancora oggi non é facile da definire e cioè il concetto di "tempo". Per fare questo dovevano studiare la natura, in special modo il cielo e riportare queste regole nascoste in una struttura alla loro portata cioè costruire un calendario. Non a caso i calendari, come quello di Coligny, sono detti lunisolari; con un'espressione moderna potremmo dire che le unità di base utilizzate per misurare il tempo sono legate ai cicli dei due principali corpi celesti più facilmente osservabili: il Sole e la Luna. Ciascuno di essi é caratterizzato da alcune periodicità fondamentali le quali rappresentate su un calendario permettono la misura del tempo. Il problema principale che si riscontra cercando di utilizzare il Sole e la Luna nella progettazione di un calendario é la loro fasatura in quanto l'anno Lunare dura 354.37 giorni mentre l'anno solare tropico dura 365.2422 giorni così il mese Lunare medio conta 29.53 giorni, rispetto a quello solare costituito da 30.4 giorni. L'incommesurabilità delle periodicità Lunari e solari é il problema che sin dall'antichità, ha reso problematico lo sviluppo dei calendari. Molte popolazioni tra cui i Romani cercarono inizialmente di superare il problema introducendo a un certo punto del calendario un mese detto "intercalare", costituito dai giorni di disavanzo tra il tempo previsto dal loro calendario e il tempo astronomico realmente trascorso. In questi tipi di calendario l'introduzione rigida di questi mesi portava come é facile immaginare a degli scompensi. Ad esempio, quando nel 46 a.C, Giulio Cesare incaricò l'astronomo alessandrino Sosigene di iniziare quella che poi sarebbe stata la "riforma giuliana" del calendario, il tempo civile era discordante di circa tre mesi rispetto al tempo astronomico naturale. Già dalle prime interpretazioni si era pensato che i due mesi addizionali presenti nel calendario di Coligny nell'arco di 5 anni venissero introdotti in modo rigido ogni 2 anni e 6 mesi Lunari in modo da ripristinare periodicamente l'accordo tra il computo Lunare e quello solare. La differenza tra un anno solare tropico e un anno Lunare di 12 Lunazioni vale 10.9 giorni quindi dopo 30 mesi il disavanzo tra il computo solare e quello Lunare arrivava a 27.2 giorni. Il calendario di Coligny contiene anni Lunari da 355 giorni quindi il disavanzo annuale ammonta a 10 giorni che conduce dopo 30 mesi a richiedere l'inserzione di 26 giorni per pareggiare il conto. Ora il calendario mette in evidenza 2 mesi intercalari lunghi entrambi 30 giorni, cioè una Lunazione completa valutata in eccesso. L'inserzione rigida del mese intercalare ogni 2 anni e mezzo conduce ad uno scompenso di circa 5 giorni per ogni ciclo di 5 anni già con il generatore fondamentale di periodicità cioè la Luna. Quindi visto che i Celti conoscevano molto bene l'Astronomia, come ci testimonia lo stesso Cesare nei Commentarii De Bello Gallico, appare molto poco probabile che i druidi gallici si siano limitati ad applicare questo  metodo così poco accurato. A Roma Giulio Cesare era ritenuto un'autorità in fatto di Astronomia. Tra le sue opere annoveriamo anche il De Astris, opera che però é andata perduta, ma che fu citata spesso dagli autori latini in epoca successiva; quindi Giulio Cesare deve essere considerato una fonte attendibile. Il metodo adottato dai Romani, dopo la riforma giuliana, si era limitato a trasformare i mesi Lunari in mesi solari allungandoli di 1 o 2 giorni ciascuno in modo da codificare un anno di 365.25 giorni in accordo con il Sole, ma trascurando, in questo modo, definitivamente la Luna. La riforma giuliana segnò quindi il definitivo passaggio da un calendario lunisolare, come era quello tradizionalmente in uso presso i romani, ad uno di natura esclusivamente solare, ma il calendario giuliano non si diffuse in Gallia prima del 450 d.C. quindi nel secondo secolo, quando la tavola di Coligny fu prodotta, il calendario correntemente in uso era ancora quello gallico. L'abbandono della Luna semplificò effettivamente le cose per i Romani, ma un calendario puramente solare non poteva essere adottato dalle popolazioni celtiche in quanto per i Celti la Luna ricopriva un ruolo fondamentale e rituale nella gestione del tempo e trascurarla sarebbe stato per loro una condizione inaccettabile. Tutto questo era ben noto allo stesso Cesare, che nel De Bello Gallico riportava con stupore, riferendosi ai druidi celtici:

<<...calcolano i giorni natalizi e l'inizio dei mesi e degli anni come se il giorno sia successivo alla notte...>>.

Altre informazioni riguardo la tendenza dei Celti a impostare la loro vita religiosa e sociale in accordo con il cielo, le troviamo nel capitolo XVI della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio relativamente alla cerimonia, molto importante presso i Celti, relativa alla raccolta del  vischio.

Plinio infatti scrive:

<<É poi questo (il vischio) é molto raro a trovarsi e una volta trovato é colto con grande pompa religiosa e innanzi tutto al sesto giorno della Luna, che segna per questi gli inizi dei mesi, degli anni e dei secoli, che durano trenta anni, giorno scelto perché la Luna ha già tutte le sue forze senza essere a metà del suo corso.>>

Il sesto giorno della Luna é inequivocabilmente la fase di primo quarto in corrispondenza della quale cade l'inizio dei mesi e degli anni del calendario e di un ciclo più lungo, trentennale, che veniva chiamato "Saeculum". Tutte queste notizie provenienti da Plinio il Vecchio risultano in perfetto accordo con la struttura matematica codificata nel calendario di Coligny, quindi per capire il calendario di Coligny bisogna tenere presente che esistono alcuni vincoli fondamentali, che possiamo riassumere brevemente nello schema seguente:

o) Il calendario é composto da 5 anni Lunari di 355 giorni più due mesi  addizionali di 30 giorni ciascuno.

o) I mesi sono suddivisi equamente in mesi MATV (fortunati) e in mesi ANMATV (sfortunati).I mesi Matu durano 30 giorni mentre i mesi Anmatu 29, fatta eccezione  per il mese di Equos che é un mese Anmatu ma dura 30 giorni.

o) Ogni mese, e quindi ogni anno, iniziano con la fase di primo quarto della Luna.

o) Ogni mese é diviso in due quindicine separate dalla parola gallica ATENOVX (ritorno alla Luna nuova).La quindicina posta dopo ATENOVX comprende il novilunio e quindi di fatto é il periodo dell'oscurità.

o) La festa di Trinvxtion Samoni, l'unica espressamente indicata sulla tavola di bronzo, si festeggiava, per sua natura, tra l'ultimo quarto e il novilunio nel mese di Samonios, quindi in periodo di "oscurità"    cioè dopo ATENOVX.

o) Le altre tre feste principali, Imbolc, Beltane e Lughnasad, erano regolate dalle levate eliache di alcune tra le stelle luminose visibili ad occhio nudo in cielo, quindi non sono riportate sul calendario Lunare a causa della loro mobilità rispetto al computo lunisolare intercalato.

o) Il calendario é strutturato con dei periodi chiave di 2 anni e 6 mesi Lunari, 5 anni Lunari i quali sono dei sottomultipli di un altro periodo importante per i Celti, cioé il Saeculum che comprendeva 30 anni Lunari.

Nello sviluppo del calendario i Celti si trovarono di fronte il problema pratico di soddisfare i vincoli relativi alla Luna, dato che era stata scelta per scandire gli avvenimenti importanti tra cui la festa di Trinvxtion Samoni, ma nello stesso tempo, per avere un accordo con le stagioni, i periodi di semina, di raccolto e le altre feste legate alle levate eliache delle stelle. Era necessario quindi codificare nel calendario con sufficiente esattezza anche l'anno solare. Bisogna ricordare che per le popolazioni che vivevano alle latitudini tipiche del nord e del centro Europa, quali erano i Celti, sbagliare anche di solo un mese il tempo della semina poteva voler dire rischiare un periodo di carestia con tutte le pesanti implicazioni sociali ad esso connesse. Anche per questo risulta poco probabile che i due mesi addizionali fossero intercalati in maniera rigida in quanto in questo modo veniva a crearsi una pericolosa discordanza tra il tempo indicato dal cielo e le date previste dal calendario, discordanza che poteva arrivare fino a circa una Lunazione ed in parte recuperabile solo ogni 30 Lunazioni, quindi perché il calendario fosse efficiente era necessario mantenere un ragionevole accordo con il Sole e rispettare nello stesso tempo le fasi Lunari.

L'uso del calendario gallico

Per poter comprendere come veniva utilizzato il calendario gallico e capire come é strutturato il calendario di Coligny bisogna ricordare quella che con molta probabilità fu l'evoluzione che portò a ideare un calendario così particolare. In queste tappe si sottintende che i Celti erano già arrivati da tempo all'idea di suddividere il computo del tempo in periodi fondamentali basati sulla ciclicità dei fenomeni astronomici. La prima realizzazione di un calendario, che definiremo "arcaico", utilizzò esclusivamente la Luna come generatore fondamentale di periodicità di riferimento, ed era probabilmente costituito da 355 giorni ripartiti in 12 mesi a loro volta suddivisi in due quindicine. Tutto questo non era altro che la codifica delle più evidenti periodicità della Luna che suggerì agli uomini, fino dal neolitico, la ripartizione del tempo in settimane, quindicine e mesi. In questo modo i mesi iniziavano ritualmente con la Luna alla fase di primo quarto, così che la prima quindicina era caratterizzata dalla luce (essendo centrata sulla data di Luna piena) e la seconda dal buio (Luna nuova). La lunghezza dei mesi fu probabilmente già fissata alternativamente a 29 e  a 30 giorni in modo da compensare approssimativamente sia la lunghezza media del mese sinodico Lunare (29.53 giorni) che é intermedia tra questi due valori, sia per compensare le sue variazioni annuali che peraltro dovevano probabilmente risultare inspiegabili ai druidi. Un calendario così strutturato sollevava però alcuni problemi pratici  anche con la stessa Luna. Infatti dopo 5 anni era facile accorgersi che le fasi Lunari non si ripetevano più nei giorni previsti dal calendario, nel senso che il primo giorno di Samonios, primo mese dell'anno, dopo 5 anni non coincideva più con il giorno in cui la Luna mostrava la fase di primo quarto, ma con la Luna in una fase più avanzata di circa tre giorni. Tutto questo era dovuto al fatto che avendo approssimato le lunghezze del mese e dell'anno Lunare a valori interi, inevitabilmente erano state trascurate alcune frazioni di giorno che accumulandosi progressivamente producevano in capo a 5 anni delle discrepanze che non potevano passare inosservate, soprattutto a degli attenti osservatori della natura quali erano i druidi. Il problema più grosso era però legato al fatto che i mesi del calendario con il passare del tempo cadevano in stagioni sempre diverse fino a situazioni assurde quali potevano essere quelle in cui un mese invernale cadeva, per effetto della accumulazione degli scarti, durante la stagione estiva. La ragione di questa retrogradazione dei mesi é legata al fatto che un anno Lunare é più corto di un anno solare di quasi 11 giorni e la differenza tra il tempo previsto dal calendario e quello astronomico, con il passare degli anni, diventa sempre più marcata. Infatti ogni 2 anni Lunari e mezzo si perdeva circa un mese e solo dopo 33.58 anni si ritornava alle condizioni iniziali, cioè all'accordo tra il calendario e la stagione climatica. Durante quel periodo il calendario era retrogradato di un numero di giorni pari ad un anno Lunare esatto. Un druido era quindi in grado di rilevare che la levata del Sole avveniva nello stesso luogo lungo l'orizzonte locale e contemporaneamente con la levata eliaca di talune stelle e con la Luna alla stessa fase entro lo stesso mese del calendario Lunare, una volta ogni 33.6 anni, ma l'accordo tra il computo Lunare e la situazione stagionale era rilevabile con minore approssimazione quindi l'osservazione era in grado di rilevare l'accordo tra la stagione in corso e il computo calendariale ogni 30 anni circa. Era quindi naturale ammettere una compensazione rigida globale pari a 30 giorni ogni 30 mesi, cioé formalmente 1 Lunazione ogni 30. Ecco quindi spiegata l'origine del ciclo trentennale (Saeculum) e del posizionamento del mese addizionale ogni 2.5 anni Lunari come troviamo indicato sulla tavola di Coligny. Il calendario Lunare arcaico che é stato ipotizzato in questa sede o fu esclusivamente rituale, quindi indipendente dal trascorrere delle stagioni e non aveva alcuna utilità pratica, ma era solamente limitato all'uso religioso, oppure rappresentò soltanto un primo e maldestro tentativo di computo del tempo, gradualmente migliorato in epoche successive, con lo scopo di riuscire ad ottenere una predizione che accordasse ragionevolmente la Luna con il Sole. Molto probabilmente fu questa l'effettivo processo evolutivo del calendario gallico in quanto i Celti erano così profondi conoscitori del cielo e dei suoi fenomeni da essere in grado di intuire che se avessero utilizzato due computi contemporanei ed indipendenti tra di loro avrebbero potuto migliorare la precisione del calendario. Dal punto di vista tecnico come era possibile accordare i due tempi entro un unico dispositivo calendariale funzionante? Dopo alcuni lustri durante i quali il calendario arcaico fu usato, i druidi  probabilmente si accorsero che dopo 2 anni Lunari e mezzo era stata persa pressoché una Lunazione esatta, cioè i mesi erano retrogradati quasi di uno, ma in realtà di circa 27 giorni. A quel punto i mesi indicati sul calendario non corrispondevano più alla posizione del Sole tra le stelle appartenenti alle costellazioni che si trovano sull'eclittica; questo doveva essere molto evidente confrontando le date delle levate eliache delle stelle luminose con quanto previato dal puro computo calendariale; infatti la posizione vera del Sole nel cielo risultava in ritardo rispetto alle previsioni fornite dal calendario. La soluzione di minor sforzo per porre rimedio alla sfavorevole situazione era quindi quella di fermare il calendario teoricamente per 27 giorni, ma tecnicamente era necessario attendere la Lunazione successiva e riprendere il conteggio dopo questo tempo in modo che l'accordo tra stagioni, mesi Lunari e posizione del Sole rispetto alle stelle zodiacali fosse ritornato ragionevolmente in ordine, ma con un errore residuo di un paio di giorni, limitato, ma consistente e destinato alla lunga a sfasare il calendario. Questo accorgimento si traduceva in pratica nell'aggiungere al calendario un mese addizionale ogni 2 anni Lunari e mezzo, cioè 30 giorni in 30 mesi. L'intercalare serviva per far passare i 27 giorni di anticipo che si erano accumulati nel tempo scandito dal calendario, in modo che quando si ripartiva con il mese successivo si otteneva nuovamente l'accordo con il periodo stagionale in corso, ma se i giorni aggiunti fossero stati giustamente solo 27 invece che un'intera Lunazione, l'inizio del mese successivo non sarebbe potuto avvenire con la Luna al primo quarto, ma due giorni prima compromettendo la simmetria e l'aderenza dei mesi alle fasi del nostro satellite naturale. Per questo motivo una ripartizione rigida, che costringeva ad aggiungere due mesi intercalari ogni 5 anni Lunari, non poteva essere considerata come ottimale e neanche definitiva in quanto il metodo era troppo impreciso per  raggiungere un accordo ragionevole tra le stagioni e le fasi Lunari. Infatti se si considera un lustro formato da cinque anni Lunari lunghi 355 giorni ciascuno (o equivalentemente da 60 mesi Lunari) più 60 giorni intercalati, in capo ad un Saeculum di 30 anni si ottiene un disaccordo tra il tempo passato secondo il calendario e il tempo realmente trascorso equivalente a due mesi circa. Questo accade poiché per recuperare questa discrepanza basterebbe aggiungere ogni 2 anni Lunari e mezzo un numero di giorni intercalari inferiore a 30. Per i Celti i mesi dovevano iniziare con la Luna al Primo quarto e di conseguenza bisognava per forza far trascorrere una Lunazione completa per trovarsi nuovamente con la fase giusta all'inizio del mese. Inoltre bisognava tener conto dell'oscillazione del mese Lunare di cui si é gia parlato in precedenza, quindi i Celti preferirono approssimare per eccesso. A questo punto dobbiamo però fare un' altra considerazione, infatti con l'utilizzo di questi intercalari si genera un errore di circa 4 giorni ogni 5 anni, anche rispetto al tempo calcolato basandosi sul computo della Luna,  perché l'aggiunta di due mesi supplementari, conduce ad un piccolo, ma consistente disaccordo progressivo con la fase Lunare che sancisce l'inizio  di ogni mese. Sarebbe stato meglio utilizzare mesi da 29 giorni che avrebbero ridotto almeno l'errore relativamente alla Luna e nello stesso tempo avrebbero diminuito anche lo sfasamento con il tempo solare, però ciò non é stato fatto dai druidi e non sappiamo perché anche se alcune ipotesi possono essere avanzate. La ragione per cui essi presero una decisione diversa può essere dipesa dal fatto che si erano resi conto che l'approssimazione per eccesso nei calcoli garantiva loro un margine di sicurezza maggiore, (se il calendario anticipa rispetto al tempo vero, basta fermare il computo e attendere che l'accordo venga ristabilito, ma non era possibile il meccanismo opposto). Oppure essi pensavano di utilizzare il calendario non rigidamente ma in modo dinamico e interattivo. Quello che possiamo affermare con sicurezza é che il calendario gallico così come é codificato sulla tavola di bronzo trovata a Coligny può  avere due possibili interpretazioni. Infatti o é un calendario luni-solare classico come quello romano in vigore prima della riforma giuliana o é analogo a quello islamico ché é rimasto un calendario puramente Lunare con impiego limitatamente religioso. Una terza ipotesi é che il Calendario di Coligny sia stato codificato  secondo una logica molto più complessa di quelli che usualmente troviamo nella struttura dei calendari antichi. Quest'ultima ipotesi é supportata da alcuni fatti che lasciano perplessi e che qui riassumiamo.

1) Perché inserire due mesi intercalari di 30 giorni quando bastava aggiungerne due da 29 per ottenere un accordo migliore, se non per utilizzare il calendario in modo dinamico?

2) Perché riportare i nomi dei mesi in successione esatta accanto ai giorni compresi dei due mesi intercalari?
 

3) Sul calendario accanto a talune date sono codificate frasi che potrebbero indicare qualche ricorrenza. Se analizziamo in particolare le periodicità con cui sono distribuite ci accorgiamo che esse non sono casuali, ma tendono a rispettare  talune regole di ricorrenza.

 4) Se i Celti erano così abili nello studio dei corpi celesti, come é evidenziato da diversi storici, per quale motivo avrebbero dovuto costruire un calendario con degli errori di base e prestazioni così approssimative?

I Celti adottarono con molta probabilità un sistema che risolvesse loro questi problemi in maniera ragionevolmente accurata e al quale giunsero dopo aver migliorato continuamente il loro calendario, in origine esclusivamente Lunare. É possibile accorgersi che in realtà i druidi gallici che progettarono il calendario diedero una ulteriore prova di fantasia e ingegno. Infatti il calendario gallico non tenta di realizzare un accordo ragionevole tra due periodicità fondamentali incommensurabili tra loro, ma é in grado mediante un determinato algoritmo di generare le previsioni solari partendo dal puro ciclo Lunare. In questo il calendario gallico si differenzia da tutti gli altri calendari antichi oggi noti. Infatti se da un lato la struttura lunisolare rigida garantiva che i mesi rimanessero grosso modo coerenti con le stagioni, dall'altro lato era possibile usare la stessa struttura in maniera più sofisticata per calcolare esattamente la posizione del Sole nel cielo durante qualsiasi giorno dell'anno e dei "saecula". L'evoluzione del ciclo della Luna, fondamentale dal punto di vista rituale,  permetteva di fare previsioni relativamente ai cicli del Sole. Il primo strettamente legato alla sfera di pertinenza divina, mentre il secondo utile per scopi pratici agricoli. Vedremo ora quale fu il meccanismo probabilmente adottato per generare il tempo solare da quello Lunare con un adeguato grado di precisione.

La gestione dinamica

I druidi sapevano che un accordo ragionevole poteva essere ottenuto aggiungendo progressivamente 60 giorni intercalari a 60 mesi Lunari durante  un lustro, quindi diverrebbe spontaneo in prima approssimazione contare un giorno ad ogni mese Lunare in modo da esaurire i 60 giorni durante un  intero lustro comprendente 60 mesi Lunari. La sequenza di 30 giorni elencati entro ciascun mese intercalare rappresenta in realtà l'insieme dei giorni da introdurre nel computo Lunare per ottenere quello solare. Il computo Lunare é esemplificato dalla pura e semplice successione dei mesi Lunari del calendario, mentre il computo solare deve tenere conto,  per essere ottenuto, della sequenza dei giorni elencati negli intercalari e dalle iscrizioni che li accompagnano. Infatti esiste una corrispondenza scritta tra i giorni compresi nei mesi intercalari e i 12 mesi Lunari del calendario. I due mesi intercalari rappresentano quindi solamente due "tabelle di  servizio", infatti al contrario degli altri 12 mesi essi non hanno nome e possono essere considerati come una sorta di memoria, analogamente a quelle dei moderni computer, in cui é immagazzinata la differenza progressiva tra il computo solare e quello Lunare. In questo modo quando si era giunti alla fine di un dato mese di un dato anno del calendario, la corrispondente posizione del Sole sull'eclittica poteva essere calcolata tenendo conto della posizione di un piolo indicatore sulla tabella intercalare, in pratica dei giorni trascorsi dall'inizio del quinquennio. Il puro e semplice computo di un giorno ogni mese Lunare trascorso conduce ad un valore di 367 giorni solari medi per la lunghezza dell'anno tropico, come si rileva sperimentalmente sulla tavola di Coligny. L'eccesso di 1.7578 giorni ogni anno doveva essere recuperato al fine di raggiungere un adeguato grado di accuratezza nel computo solare. L'eccesso complessivo su cinque anni era circa 9 giorni i quali dovevano essere recuperati escludendo da computo quinquennale appunto nove unità. I druidi potevano realizzare questa correzione progressiva stabilendo due giorni "vuoti", che chiameremo tecnicamente "zeri", nel computo sulle tabelle intercalari per ogni anno di ciascun quinquennio escluso uno dei due centrali entro la sequenza trentennale (il terzo oppure il quarto) in cui solo uno "zero" doveva essere computato. Ragionando per tempi più lunghi osserviamo che per raggiungere un buon accordo, il computo solare avrebbe dovuto prevedere l'esclusione di 9 unità per 5 lustri e 8 unità per un lustro. La minima discrepanza progressiva poteva essere ottenuta distribuendo uniformemente i lustri da 9 "zeri" (L9) e quello da 8 "zeri" (L8) secondo una delle due possibili sequenze equivalenti: L9,L9,L8,L9,L9,L9 oppure L9,L9,L9,L8,L9,L9. Praticamente ad ogni mese di calendario trascorso il druido spostava un piolo indicatore di un posto nella sequenza dei giorni elencati su una delle due tabelle intercalari. Giunto al mese di CVTIOS, sesto mese dell'anno, il druido indicava con  uno "zero" il sesto giorno del secondo mese intercalare, che era il primo ad essere usato in quanto pur iniziando dal mese di SAMON il primo anno  partiva in fase con i computi non avendo ancora accumulato alcun anticipo, rispetto al Sole. Non aveva alcun senso usare il primo intercalare come correttore per i primi due anni e mezzo in quanto esso va considerato pertinente al computo relativo al semilustro precedente (principio di ciclicità del calendario celtico). Per forza di cose la prima tabella da usare era quella corrispondente al secondo intercalare cioè quella che risulta inserita sulla tavola di bronzo dopo 2.5 anni Lunari e usata entro lo schema rigido per recuperare periodicamente l'accordo stagionale dei mesi. Dopo aver computato il primo "zero" al sesto giorno della prima quindicina del secondo intercalare, il conteggio continuava durante i successivi mesi e un secondo "zero " era computato in corrispondenza della fine del mese di CANTLOS segnandolo in corrispondenza del dodicesimo giorno della prima quindicina. Il processo era ripetuto per l'anno successivo, in questo caso lo "zero"  era computato in corrispondenza del terzo giorno della seconda quindicina del secondo mese intercalare e successivamente un altro "zero" al nono giorno dopo ATENOVX. A metà del terzo anno si completava la tavola relativa al secondo intercalare ponendo l'unico "zero" richiesto all'ultimo giorno, cioè al quindicesimo dopo ATENOVX. Il secondo "zero" che avrebbe dovuto essere piazzato al sesto giorno della tabella successiva, quella relativa al primo intercalare, veniva omesso in questo lustro e nei lustri 2, 3, 5, 6 che compongono il Saeculum di trent'anni. Durante il quarto anno il computo proseguiva con due "zeri", il primo piazzato il giorno XII del primo intercalare e il secondo il giorno III dopo ATENOVX, sempre di esso. Anche il quinto anno prevede il computo di due "zeri", il primo dei quali cadrà al nono giorno e il secondo al quindicesimo, entrambi dopo ATENOVX, concludendo così esattamente anche la tabella rappresentata dal secondo intercalare. Questa procedura si ripeteva identica per cinque dei sei lustri che compongono un Saeculum, più precisamente il primo, il secondo, il terzo, il quinto e il sesto, mentre il quarto lustro richiedeva il computo di soli otto "zeri" per essere in fase con il Sole. In questo caso gli "zeri" potevano essere computati nei giorni VI e XII del secondo intercalare, durante il primo anno, nel giorno III dopo ATENOVX nel secondo anno, nei giorni XV dopo ATENOVX sempre del secondo intercalare e VI del primo intercalare nel terzo anno, nel giorno XII della prima quindicina del primo intercalare solamente nel quarto anno e nel quinto saranno computati "zeri" i giorni VIIII e XV dopo ATENOVX del primo intercalare. In questo modo il computo solare si mantiene in ordine con il Sole entro  un errore di 1 giorno, mentre quello Lunare rimane esattamente fasato con le fasi Lunari. Nell'ambito della "gestione dinamica" é quindi possibile calcolare la data solare semplicemente conteggiando in più alla data Lunare i giorni indicati dalla posizione occupata dal piolo sulle tabelle intercalari diminuiti del numero degli "zeri" computati fino a quel momento.

La gestione dinamica in regime di intercalazione rigida

Se il calendario era correntemente usato in regime di intercalazione rigida il computo solare dinamico era ancora più semplice. Infatti ogni 2.5 anni Lunari veniva recuperato lo scarto progressivo  mediante l'inserzione del mese intercalare in un colpo solo. Questo fatto implicava che il computo solare venisse notevolmente semplificato in quanto per i calcoli conta solamente la tabella intercalare  correntemente in uso, mente l'altra poteva essere tranquillamente trascurata in quanto i suoi effetti erano già stati compensati dalla Lunazione completa inserita rigidamente, al massimo, due anni e mezzo prima. Questo fatto produce la seguente regola generale valida per tutti i sei  lustri compresi in un Saeculum.

a) Dal mese di SAMON del primo anno fino al mese di CVTIOS del terzo anno, il computo solare sarà ottenibile dal computo Lunare aggiungendo il numero del giorno indicato dal piolo sul secondo intercalare  corrispondente al mese in cui é compresa la data Lunare, di cui é richiesto il computo solare e sottraendo il numero di "zeri" contati sul  secondo intercalare fino a quel giorno.

b) Dal mese di GIAMON del terzo anno fino al mese di CVTIOS del quinto anno, il computo solare sarà ottenibile dal computo Lunare corrente aggiungendo il numero del giorno indicato questa volta sul primo intercalare e corrispondente al mese in cui é compresa la data Lunare, di cui é richiesto il computo solare e sottraendo il numero di "zeri" contati fino a quel giorno sul primo intercalare.

L'esistenza di una base lunisolare intercalata rigidamente rendeva ancora più semplice ed immediata l'applicazione della Gestione Dinamica utile ad ottenere un computo solare adeguatamente preciso. L'algoritmo era efficiente per cui era possibile ottenere buone previsioni senza bisogno di compiere osservazioni astronomiche di controllo anche per lunghi periodi di tempo. Si può dimostrare che il numero degli "zeri", cioè dei giorni omessi, si riduce a 34, qualora si consideri l'ipotesi che il mese di Equos, anomalo rispetto agli altri mesi ANMATV, venisse considerato alternativamente di 30 e 29 giorni in un lustro. La sua peculiarità é proprio quella di essere un mese da 30 giorni, ma di  essere classificato ANMATV sulla tavola di bronzo quindi potrebbe essere ipotizzato un uso dinamico di Equos al fine di raggiungere un più soddisfacente accordo con il computo Solare. Questo potrebbe dimostrare che i Celti si erano accorti dell'oscillazione della durata dell'anno Lunare e cercarono di ottimizzare il calendario alternando anni da 354 giorni con anni da 355 giorni in un "saeculum" variando appunto la lunghezza del mese di Equos durante il secondo e il quarto anno del ciclo quinquennale. Quello che é codificato sulla tavola di bronzo é probabilmente l'ultimo stadio dell'evoluzione del calendario gallico, ma il modo con cui la  codifica é stata eseguita implicherebbe che quello di Coligny non sia da considerarsi come un classico calendario lunisolare rigido, abbastanza  comune nell'antichità mediterranea, ma un approccio originale alla misura del tempo che i druidi celtici riuscirono a sviluppare grazie alla loro  abilità. In effetti il calendario di Coligny é da intendersi più propriamente,  come un dispositivo analogico atto a calcolare il computo solare partendo da quello Lunare e un almanacco per almeno due motivi. Prima cosa i druidi potevano prevedere le fasi Lunari utilizzando la base del calendario senza intercalari, ma nello stesso tempo potevano anche rendere conto in maniera accurata dei cicli stagionali in accordo con la posizione del Sole sulla sfera celeste. In secondo luogo il calendario di Coligny é assimilabile ad un almanacco perché, sembrerebbero codificate talune efficaci regole di predizione delle eclissi. L'importanza di questa interpretazione risiede nel fatto che questo calendario rappresenta il risultato della ricerca portata avanti dai Celti, per arrivare a scandire il tempo con i ritmi del cielo, nel modo più accurato possibile. Il punto di partenza fu probabilmente un calendario arcaico sviluppato grosso modo nel VI o V secolo a.C. prettamente Lunare di cui sono rimaste alcune tracce, evolutosi successivamente in un dispositivo in cui era applicata l'intercalazione rigida e successivamente, con il calendario di Coligny, in un efficace strumento che permetteva di passare dal computo Lunare a quello solare mediante semplici calcoli e in cui sono codificate importanti regole legate al moto di due corpi celesti fondamentali: il Sole e la Luna. Inoltre l'esigenza di considerare il calendario gallico come qualcosa di  più di un calendario puro e semplice é supportata dal fatto che elementi  quali la lunghezza dei due mesi addizionali e le iscrizioni presenti entro di loro acquistano con questa interpretazione una dimensione e un significato ben precisi all'interno di esso.

Le fasi della Luna


Le informazioni che si possono trarre relativamente alle conoscenze astronomiche dei druidi celti all'analisi di questo calendario non finiscono però qui. Osservando attentamente le annotazioni in lingua gallica e i caratteri latini incise sui frammenti trovati a di Coligny, si rileva che talune di esse si ripetono con una certa regolarità in corrispondenza di determinate terne di giorni consecutivi. Le terne con annotazione ripetuta, talvolta sono quaterne cioè le ripetizioni compaiono in quattro giorni consecutivi, inoltre la loro distribuzione é regolarmente intervallata attraverso i mesi e gli anni. Ogni singola annotazione si riferisce generalmente al nome di un mese dell'anno celtico ripetuto più volte, una volta per ogni giorno appartenente a ciascuna terna (o quaterna). Molto spesso lo stesso mese viene usato in due terne successive, declinato  con casi diversi. La notevole regolarità nel posizionamento delle terne suggerirebbe che le annotazioni si potrebbero riferire alla registrazione di un fenomeno astronomico ripetitivo a corto periodo. Analizzando separatamente anno per anno é possibile osservare che le annotazioni ripetute non mantengono sempre la stessa periodicità. Mediante l'applicazione di determinate procedure, é stato possibile valutare matematicamente tutte le più importanti periodicità presenti nella sequenza delle ripetizioni così come sono riportate. Ancora una volta appare chiaro che questo calendario non doveva probabilmente rappresentare solo uno strumento di pura e semplice registrazione del tempo, ma la straordinaria quantità di regole di calcolo e di informazioni in esso codificate ne doveva fare una sorta di calcolatore analogico utile a prevedere i fenomeni astronomici Lunari e solari. Considerato che il calendario può essere inteso come un almanacco, risulta  allora chiaro perché accompagnare taluni giorni con una annotazione. Usualmente i giorni interessati alle terne sono il settimo, l'ottavo e il  nono di ciascuna quindicina di ogni mese più qualche mese in cui si  osservano le terne nei giorni I, II e III della seconda quindicina, subito  dopo ATENOVX, quindi sostanzialmente le terne identificano le fasi Lunari sizigiali cioè il plenilunio e il novilunio. Dobbiamo anche riconoscere che i dati e le iscrizioni riportate sulla versione del calendario ottenuta dopo la ricostruzione potrebbero essere incompleti a causa del limitato numero di frammenti ritrovati a Coligny; infatti solo il 48% dell'informazione globale é racchiusa nei frammenti disponibili. Talune periodicità, non proprio identiche anno per anno, potrebbero quindi anche essere causate da un'incompleta ricostruzione. Quello che ci dobbiamo chiedere é come mai fu importante codificare nel  calendario gallico anche le settimane Lunari, o meglio evidenziare con delle terne di nomi i giorni in cui la Luna era nuova o piena. Questo suggerirebbe che non solo le fasi di primo e di ultimo quarto erano  importanti, ma anche i pleniluni e i noviluni meritavano attenzione presso  i Celti. Ricordiamo che quando la Luna si trova alle sizigie, se anche il Sole é sufficientemente prossimo ad uno dei nodi dell'orbita Lunare, allora si verificheranno le eclissi.

Le Eclissi

L'analisi della struttura del calendario di Coligny suggerisce che esso può  essere considerato come un efficiente strumento di predizione delle eclissi. I giorni possibili per il verificarsi delle eclissi risultano essere proprio quelli marcati sul calendario con le terne delle notazioni ripetute. Già dall'età del Bronzo, come testimonierebbero le orientazioni di molti monumenti megalitici, chi osservava il cielo aveva imparato ad individuare mediante allineamenti i punti dell'orizzonte corrispondenti al sorgere e al tramontare della Luna nei giorni di lunistizio, cioè quando il nostro satellite raggiunge i valori massimi e minimi della sua latitudine eclittica, cioè +/- 5.3 gradi rispetto alla traiettoria descritta annualmente dal Sole. Dobbiamo ricordare, che taluni studiosi sostengono che già alle popolazioni europee dell'età del Bronzo era probabilmente nota una regola empirica utile a prevedere le eclissi di Sole e di Luna. La regola, espressa in linguaggio astronomico moderno, é la seguente.

"Quando la Luna é situata, durante la fase di primo o ultimo quarto, ad una latitudine eclittica di 5.3 gradi circa, allora un'eclisse dovrebbe verificarsi entro sette giorni"

Durante un periodo di 346.6 giorni solari medi (anno delle eclissi) il Sole ripassa due volte allo stesso nodo dell'orbita Lunare. Se in quel momento la Luna si trova anch'essa in corrispondenza di uno dei due nodi della sua orbita allora avverrà un'eclisse che potrà essere di Sole, se i due astri si trovano presso lo stesso nodo e di Luna se i nodi  occupati sono opposti. Durante il periodo di 173.3 giorni, tempo richiesto al Sole per passare da un nodo all'altro, l'inclinazione dell'orbita Lunare varia di circa 9' in più e in meno. La fasatura é tale che quando l'inclinazione é massima il Sole risulta posizionato ad uno dei due nodi, mentre quando l'inclinazione é minima, il Sole é invece a metà strada tra un nodo e l'altro. Questo fatto implica che solamente quando l'inclinazione dell'orbita Lunare raggiunge il suo massimo é possibile un'eclisse, se la fase Lunare é quella favorevole. La possibilità che un'eclisse si verifichi é caratterizzata quindi da un periodo di 173.3 giorni solari medi. L'intervallo di tempo che la Luna impiega a passare dalla massima declinazione alla minima, durante un ciclo draconitico, é detto "semiperiodo latitudinale". Le eclissi potranno avvenire solamente ogni qualvolta il numero che indica i semiperiodi latitudinali trascorsi da un'eclisse precedente sia un numero intero, ma siccome affinché le eclissi avvengano é richiesto anche la soddisfazione del vincolo che la Luna si trovi alle sizigie, allora tutti  gli intervalli di tempo che corrispondono ad un numero intero di periodi  semilatitudinali e contemporaneamente ad un numero intero di rivoluzioni  sinodiche rappresentano utili ricorsività per la previsione delle eclissi. La corrispondenza più breve e immediata é costituita da 6 Lunazioni che sono pari a circa 13 semiperiodi latitudinali, con un errore di 0.30 giorni, mentre la più famosa é la corrispondenza tra 223 Lunazioni e 484 semiperiodi latitudinali che corrisponde al Ciclo di Saros. La Luna per i Celti rappresentava l'astro fondamentale atto al computo del tempo quindi la sua osservazione era molto sviluppata, prova ne é la presenza di allineamenti diretti verso i punti di levata e tramonto della Luna ai lunistizi in vari santuari dell'età del Ferro oltre che la struttura medesima del calendario di Coligny. I druidi sapevano certamente che quando la Luna raggiungeva la sua estrema latitudine eclittica (positiva o negativa) durante il suo ciclo mensile e la sua fase era contemporaneamente il primo oppure l'ultimo quarto allora sette giorni dopo era possibile il verificarsi di un'eclisse. La massima latitudine eclittica corrisponde all'osservare la Luna sorgere e tramontare in corrispondenza dei suoi punti più lontani sull'orizzonte locale dal punto di levata del Sole entro la Lunazione in corso. Ci é noto sia dagli scritti di Plinio il Vecchio, sia sperimentalmente dai frammenti del Calendario di Coligny, che il primo quarto di Luna corrispondeva al primo giorno di ogni mese del calendario gallico. L'ultimo quarto corrispondeva al primo giorno della seconda quindicina dei mesi Lunari celtici, quindi se il giorno in cui la Luna era stata osservata alla sua massima distanza dall'eclittica, cadeva il primo o il quindicesimo giorno di un mese del calendario gallico allora sette giorni dopo i druidi  erano in grado di prevedere con un buon margine di sicurezza un'eclisse di  Luna o di Sole. L'eclisse di Luna era pressoché sicura, ma quella di Sole poteva avvenire, ma non essere visibile nella località in cui il druida si trovava, dato che normalmente esse sono visibili solo in ristrette regioni della superficie terrestre. Il druida però non é detto che avesse una cognizione sufficientemente accurata di cosa fosse l'eclittica quindi la possibilità di riconoscere se la Luna era o meno alle distanze estreme da essa non era cosa facile. Il compito poteva però essere facilitato facendo ricorso all'esperienza maturata osservando la Luna per lungo tempo. Infatti era possibile, dopo una certa esperienza osservativa, conoscere alcune stelle la cui latitudine eclittica durante l'età del Ferro era dell'ordine di grandezza di +5 o +6 gradi e -5 o -6 gradi. Stelle con questa posizione potevano servire da efficienti marcatori in quanto il druida poteva aver imparato che qualora nel primo giorno della prima o della seconda quindicina di un mese celtico la Luna era posizionata presso queste stelle allora un'eclisse poteva essere probabile nel giorno centrale della terna successiva, cioè nei giorni VII, VIII e VIIII oppure VII a, VIII a e VIIII a (il suffisso "a" accanto al numero che  identifica un giorno entro un mese celtico indica che quel giorno é dopo ATENOVX cioè appartiene alla seconda quindicina). Alcune stelle utili a questo proposito potevano essere, durante l'età del Ferro, le seguenti: Eta Psc, Gamma Tau, Aldebaran, Beta Tau, Lambda Gem, Pi Sco, Tau Sco, Beta Cap, Eta Leo e qualche altra. É ovvio che queste sono solo condizioni necessarie e non sufficienti alla  previsione delle eclissi, dato che quando si lavora con fenomeni periodici,  ma con periodi non interi, nei calcoli di previsione é necessario tener  conto dell'errore dovuto alle cifre decimali trascurate. I druidi questo probabilmente lo avevano intuito, quindi molte volte il fenomeno da loro previsto poteva non succedere del tutto o, quanto meno,  non verificarsi nel giorno stabilito.

Il metodo delle posizioni opposte per le eclissi di Luna

La previsione di un'eclisse di Luna poteva essere eseguita in maniera molto efficiente applicando il seguente metodo, che chiameremo "delle posizioni opposte". In primo luogo la data corrente doveva essere il VII, l'VIII o il VIIII giorno della prima quindicina di un qualsiasi mese del calendario gallico, in quei giorni la fase Lunare era il plenilunio. Il druido si poneva in un luogo aperto, piantava un palo nel terreno e attendeva il tramonto. Quando il Sole era prossimo all'orizzonte astronomico locale bastava guardare la direzione assunta dalla lunga ombra proiettata sul terreno dal palo. Poiché il calendario segnava uno dei giorni della prima "terna", la Luna sarebbe sorta al plenilunio in corrispondenza di un punto qualsiasi della sua amplitudine ortiva, posto ad oriente lungo l'orizzonte astronomico locale, ma se la posizione della Luna nascente era allineata lungo la direzione indicata dall'ombra del palo, allora quella notte l'eclisse di Luna sarebbe stata fortemente probabile, anzi pressoché sicura. La ragione di questo fatto é che quando la Luna e il Sole assumono posizioni opposte sull'orizzonte astronomico locale si verifica che la differenza tra l'azimut di tramonto del Sole e quello della levata della Luna differiscono di 180 gradi. Affinché questo avvenga, la Luna deve essere posizionata sull'eclittica, ma se ciò avviene essa deve essere ad uno dei "nodi" della sua orbita, ma allora il Sole deve essere posto al "nodo" opposto realizzando la condizione perché avvenga l'eclisse di Luna. La condizione di eclisse sarà allora:

(Azimut del Sole che tramonta) = (Azimut della Luna che sorge) + 180 gradi

Appare quindi evidente che il metodo é di una grande semplicità perché bastava che il druido vedesse sorgere la Luna lungo la direzione indicata dalla sua stessa ombra, mentre il Sole stava tramontando dalla parte opposta per poter prevedere l'eclisse di Luna. Questo fenomeno poteva avvenire solamente durante i giorni VII, l'VIII o VIIII della prima quindicina di un mese del calendario di Coligny e le condizioni favorevoli si ripetevano generalmente ad intervalli di 6 Lunazioni esatte, salvo talvolta anticipare a 5 mesi di calendario.

Le ricorsività per la predizione delle eclissi

I druidi probabilmente non conoscevano ne le cause e forse neppure l'esistenza dell'oscillazione di 9' di ampiezza dell'inclinazione del piano  orbitale della Luna, ma avevano certamente osservato che le eclissi di Luna  si ripetevano mediamente circa ogni 6 Lunazioni (13 semiperiodi  latitudinali); risulta quindi facile predire l'eclisse successiva per la terna di giorni centrata nel giorno VIII del mese che cade 6 Lunazioni dopo. In realtà il meccanismo di previsione delle eclissi di Luna poteva essere  meccanico, sfruttando le particolari caratteristiche del calendario gallico. Infatti i druidi potevano semplicemente aspettare che durante il settimo, l'ottavo o il nono giorno della prima quindicina di un mese celtico  qualsiasi avvenisse un'eclisse di Luna. Successivamente l'applicazione della regola di aggiungere 6 Lunazioni si concretizzava nella previsione dell'eclisse di Luna per gli stessi giorni VII, VIII o VIIII del sesto mese successivo nel calendario dell'anno in corso e così via. Il calendario di Coligny indica quindi che le eclissi di Luna cadevano alternativamente sempre alle stesse date di calendario Lunare, sempre il giorno VIII della prima quindicina di due mesi generalmente separati da  mezzo anno sinodico Lunare. Ovviamente esistendo una differenza di 0.3 giorni tra 6 Lunazioni medie esatte e 13 semiperiodi latitudinali avverrà che ogni tanto l'eclisse prevista mancherà all'appuntamento, ma si verificherà nei giorni VII, VIII o VIIII della prima quindicina del mese celtico precedente. Questo fenomeno si verificherà con periodicità pari a 41, 47 e 53 mesi del calendario gallico, periodicità che potevano essere note ai druidi senza eccessiva difficoltà. Un'altro fenomeno é quello della ripetizione di due eclissi di Luna in due Lunazioni successive. Questo fatto implica che in due mesi consecutivi del calendario gallico potessero verificarsi due eclissi di Luna separate da una Lunazione, ma  sempre nei giorni VII, VIII oppure VIIII del mese. Questo fenomeno avviene con periodicità pari a 53, 82 e 135 mesi del calendario gallico. Nelle iscrizioni che sono riportate accanto ai giorni delle "terne", il calendario di Coligny elenca la triplice ripetizione del nome gallico del mese successivo declinato generalmente al genitivo. Questi motti potrebbero significare che qualora l'eclisse anticipi di un mese, l'iscrizione ricordi che in realtà quella é l'eclisse prevista per il mese successivo. Oppure nel caso delle due eclissi consecutive l'iscrizione potrebbe stare a significare la possibilità della ripetizione del fenomeno esattamente negli stessi giorni di calendario del mese successivo. I druidi potevano quindi prevedere agevolmente e con un errore relativamente ridotto le eclissi di Luna che si verificavano in un dato luogo utilizzando solamente are o ritardare di un giorno rispetto alla data prevista dai druidi. Infatti l'aggiunta di sei mesi di calendario per predire un'eclisse partendo dalla data della precedente implica che a seconda della posizione del  perigeo Lunare l'intervallo tra le due eclissi successive possa variare di  più o meno un giorno rispetto al previsto. Le "terne" che accompagnano nel calendario gallico i giorni in cui la Luna  si trova alle sizigie testimoniano che i druidi erano consapevoli dell'esistenza di questa oscillazione, non é detto che sapessero però spiegarla. In più l'esistenza delle terne é secondo noi un prova che i druidi eseguivano realmente osservazioni astronomiche della Luna e non solamente calcoli. Il calendario gallico quindi aveva una base direttamente costruita mediante l'osservazione visuale del Sole e soprattutto della Luna. La previsione delle eclissi poteva essere eseguita con successo mediante la ricorsività di 6 mesi di calendario, ma anche altre ricorsività potevano risultare utili. Infatti considerando le principali ricorsività tipiche della ciclicità delle eclissi rileviamo che esistono quattro cicli fondamentali compresi nel calendario gallico. Il ciclo più lungo é il cosiddetto "Inex" che corrisponde a 358 Lunazioni. Questo ciclo é la somma di altri due cicli fondamentali: il "Tritos" che comprende 135 Lunazioni e il ben noto "Saros" che vale 223 Lunazioni. L'Exeligmos vale invece 3 cicli di Saros cioè 669 mesi sinodici Lunari. Il ciclo di 6 Lunazioni, che nel gergo degli studiosi di eclissi va sotto il nome di "Semester" é anche lui una combinazione degli altri cicli. Infatti 1 Semester é esattamente la differenza tra 5 Tritos e 3 Saros oppure 5 Inex e 8 Saros oppure ancora 5 Tritos meno un Exeligmos. In realtà il calendaro celtico ingloba anche altre ricorsività utili alla previsione delle eclissi. Le ricorsività di 6, 35, 41, 47, 53, 82, 88, 94, 129, 135, 223,...,358,... mesi del calendario erano tutte utili previsori compresi in un "Saeculum" e forse erano parimenti note ai druidi che se servivano per il calcolo per lo meno delle eclissi di Luna. Osservando la struttura del calendario di Coligny ci accorgiamo che il "Saeculum" di Plinio vale praticamente un intero Inex, quindi la struttura del calendario gallico sembrerebbe calibrata anche su uno dei cicli  fondamentali delle eclissi. Il lustro di 5 anni Lunari corrisponde anche esso alla combinazione di due periodi fondamentali, infatti un ciclo quinquennale vale 50 Tritos meno 30 Saros oppure 50 Inex meno 80 Saros oppure 50 Tritos meno 10 Exeligmos. Riassumendo possiamo affermare che il calendario gallico codifica i principali cicli delle eclissi in maniera del tutto naturale. Questo potrebbe dimostrare due cose, la prima é che il calendario gallico era in grado di permettere la previsione delle eclissi in maniera facile ed immediata. In secondo luogo il calendario gallico aveva un carattere perpetuo tanto che può essere usato attualmente, dopo 2500 anni, per gli stessi scopi per il quale fu messo a punto durante l'età della Ferro. Il calendario di Coligny pone comunque ancora molti altri interessanti quesiti, tra questi l'esistenza e il significato dei cosiddetti segni tripli, cioè un certo numero di segni formati da tre linee verticali di cui una barrata orizzontalmente e disposti alternativamente in combinazioni differenti. Attualmente in studio, queste incisioni potranno sicuramente confermare l'ipotesi che il Calendario di Coligny sia molto di più di un calendario lunisolare. L'importanza di una rilettura della tavola di bronzo di Coligny risiede nel fatto che alla luce di questi fatti é richiesta una differente valutazione delle conoscenze astronomiche e matematiche dei Celti le quali risultano decisamente ricche e accurate. Dobbiamo comunque ammettere che il calendario così strutturato doveva  essere per forza di cose gestito esclusivamente dalla classe druidica e dai suoi membri. Inoltre l'algoritmo base per usarlo é mnemonico quindi non esisteva la  necessità di scriverlo, in accordo con le usanze dei druidi che ritenevano  fondamentale tramandare le conoscenze solo oralmente. Infatti ricordiamo che secondo gli autori classici l'apprendistato di un  giovane candidato druida durava circa 20 anni, cioé quattro cicli completi del calendario quinquennale celtico e questo può non essere casuale se  ricordiamo che questo periodo e dell'ordine di grandezza della lunghezza di alcuni cicli importanti per la previsione delle eclissi. Innanzitutto un Ciclo di Saros, lungo 223 Lunazioni (484 semiperiodi latitudinali, vale a dire 18 anni Lunari e 7 mesi), ma anche 229 Lunazioni (19 anni Lunari più un mese) oppure 264 Lunazioni (22 anni Lunari esatti) che seppur meno accurati rappresentavano dei predittori utili. Così dopo un certo numero di anni l'allievo druida non solo aveva imparato  la sapienza dei padri, ma aveva avuto la possibilità di osservare tutte le  eclissi avvenute entro un intero ciclo in quel luogo e con questo bagaglio d'esperienza poteva essere in grado di prevedere con successo quelle che si sarebbero ripetute negli anni successivi.

Conclusione

L'esistenza di una tavola con codificate anche se non in modo immediato le  conoscenze acquisite dai druidi nel campo della gestione del tempo é estremamente importante per la comprensione del pensiero e delle attitudini astronomiche dei Celti. Il fatto che nel secondo secolo dopo Cristo il calendario fu redatto in forma scritta potrebbe essere il segno che dopo l'invasione romana la classe druidica si dovette accontentare di pochi allievi, in quanto la maggioranza della gioventù appartenente all'aristocrazia preferiva studiare il Latino e il Greco presso i Romani più che la scienza dei padri. I druidi furono quindi costretti a scrivere ciò che aveva sempre tramandato oralmente in quanto la complessità del meccanismo di gestione calendariale era ormai tale da andare oltre le usuali abilità del clero rurale. Questo fatto può avere spinto alla produzione di un documento scritto in quanto le regole di calcolo mnemonico che era necessario conoscere cominciavano ad apparire troppo complicate per essere agevolmente ricordate  ed applicate. Sicuramente il calendario giuliano, trascurando del tutto la Luna, non risultava gradito ad una cultura per la quale il nostro satellite aveva sempre rivestito un significato rituale particolarmente sentito. In più il calendario giuliano si diffonde in Gallia generalmente solamente dopo il 400 - 500 dopo Cristo di conseguenza il calendario tradizionale celtico venne utilizzato almeno per altri 200-300 anni dopo la sua redazione in forma scritta. Altri documenti potrebbero comunque celare ulteriori informazioni  relativamente all'abilità di questi primi scienziati, l'importante sarà  che studiandoli dovremo utilizzare questa nuova chiave di lettura che non sottovaluta le loro capacità astronomiche e matematiche.
 

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